C’è fermento nella fascia bassa dei mercati E, stavolta, non si tratta di un rumore di fondo.
Mentre i soliti colossi tecnologici dominano le prime pagine e guidano l’S&P 500 da record in record, c’è un altro indice che con discrezione ma decisione ha segnato un sorpasso storico: il Russell 2000, l’indice che raccoglie i 2.000 titoli più piccoli del mercato americano, ha raggiunto un nuovo massimo dopo quasi quattro anni di letargo. Un intervallo lungo, che ha alimentato il sospetto che la classe delle cenerentole di Wall Street fosse stata abbandonata al proprio destino, oscurata dall’ingombrante presenza dei titani tech. Ma oggi qualcosa è cambiato. «Non è solo un dato tecnico, è la fine di un lungo silenzio», sottolinea Gabriel Debach, market analyst di eToro. E i segnali sono più d’uno. Dalla fine di luglio il Russell 2000 ha sovraperformato l’S&P 500 del 5%, mentre da inizio anno ha messo a segno un +9 per cento.
E non è solo una questione americana. Anche a Piazza Affari, il vento sta cambiando. L’indice Ftse Italy Mid Cap ha guadagnato oltre il 20% in un anno, sovraperformando l’indice principale nell’ultimo mese, mentre il Ftse Italy Small Cap ha fatto meglio del mercato del 7,9% da gennaio. «Abbiamo osservato un crescente interesse verso le mid e small cap italiane, sia da parte di investitori domestici che internazionali – spiega Andrea Randone, Head of Mid Small Cap Research di Intermonte – È una rotazione alimentata anche dal bisogno di diversificazione, dopo le performance stellari di alcuni titoli e settori già molto sovraesposti».
Una nuova stagione
Il contesto, oggi, sembra giocare a favore delle small cap. Due i fattori principali: da un lato, il ritorno dei tagli ai tassi da parte della Fed, ripartiti con il primo taglio da dicembre 2024; dall’altro, una crescita economica americana che tiene, sostenendo i settori più ciclici, proprio dove le small cap sono più presenti.
La Fed, durante la riunione di settembre, ha ridotto i tassi di 25 punti base e ha lasciato intendere che altri due tagli arriveranno entro il 2025. Una dinamica che, storicamente, ha premiato le piccole capitalizzazioni: secondo Canaccord Genuity, il Russell 2000 ha reso in media il 35% nell’anno successivo alla ripresa dei tagli, contro il 23% dell’S&P 500. «Queste società dipendono maggiormente dai prestiti per finanziare crescita ed espansione. Tassi più bassi significano minori costi e più margine operativo», spiega Andrew Smith, portfolio manager di Columbia Threadneedle Investments. Inoltre, tassi bassi sostengono la fiducia dei consumatori, spingono l’attività economica e segnalano che l’inflazione è sotto controllo. Se a questo si aggiunge la tendenza alla deglobalizzazione, si delinea un quadro ideale per società più piccole, più locali e meno esposte alle dinamiche globali.
Valutazioni e diversificazione
Oltre al contesto macro, a rendere interessanti le small cap sono anche le valutazioni: «Offrono un interessante punto d’ingresso, anche dopo il recente rally», afferma ancora Smith. Dopo anni in ombra, questi titoli trattano ancora a multipli più contenuti rispetto ai big di Wall Street. E rappresentano un’alternativa concreta per chi vuole diversificare un portafoglio ormai dominato da poche mega società tecnologiche.
Lo squilibrio tra i due mondi è evidente. I primi dieci titoli del Russell 2000 pesano solo il 5% dell’indice, contro il 38% dell’S&P 500. La leadership settoriale del Russell è più frammentata – finanziari, industriali e tecnologia – e il miglior titolo dell’anno, Credo Technology (+117%), contribuisce solo per 58 punti base alla performance dell’indice. Al contrario, l’S&P 500 continua a mostrare un’impostazione “oligarchica”: Nvidia da sola ha generato il 15% della performance 2025. Una concentrazione che aumenta la vulnerabilità in caso di inversione di tendenza.
Insomma, la sostenibilità del movimento resta, ovviamente, legata a fattori esterni. Un ritorno dell’inflazione o una stretta monetaria imprevista rischierebbero di frenare un comparto storicamente vulnerabile al costo del capitale. Ma se la Fed manterrà la rotta e la crescita resterà solida, le small cap potrebbero continuare a brillare.
A Piazza Affari
Nel contesto italiano, un potenziale catalizzatore arriva anche dal Fondo Strategico Nazionale per le small e mid cap. I primi fondi di investimento dovrebbero essere lanciati entro fine 2025, con capitali vincolati a investimenti fuori dal listino principale di Piazza Affari. Nel frattempo, anche i fondi PIR, dopo anni di flussi in uscita, sono tornati finalmente a vedere segni positivi. Una dinamica che potrebbe portare nuova linfa al segmento più “snobbato” della Borsa e un segnale che le piccole potrebbero tornare protagoniste in un mercato alla ricerca di nuove storie, nuove idee e nuove direzioni.
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