Il sorpasso era nell’aria e ora è ufficialmente arrivato: sono disponibili sul mercato le prime offerte di mutuo a tasso variabile con indici inferiori rispetto a quelli fissi. Si è risolta così l’anomalia che perdurava da qualche anno: nella seconda metà del 2022 la necessità di contenere l’impennata dell’inflazione nell’Eurozona aveva spinto la Banca Centrale Europea ad adottare una politica di rialzo del costo del denaro, che ha causato aumenti sul costo dei mutui variabili. Il divario massimo tra le due tipologie di finanziamento si è registrato a marzo 2024, quando il tasso medio del variabile ha toccato il 4,89% contro il 3,03% del fisso. Da giugno 2024 il variabile, grazie all’inizio del ciclo di taglio dei tassi a opera della Bce, ha iniziato una graduale discesa, mentre il fisso è rimasto stabile.
Oggi, numeri alla mano, per un finanziamento da 126mila euro (che secondo Facile.it, è l’importo medio richiesto) in 25 anni i tassi variabili partono da un Taeg (indicatore che esprime il costo totale di un finanziamento) pari a 2,75%, mentre quelli fissi da 2,93%. In termini di rata, considerando sempre un mutuo da 126mila euro di durata pari a 25 anni e a copertura del 70% del valore dell’immobile, questo si traduce in 567 euro per il variabile e in 575 euro per il fisso. In questo momento, il vantaggio dei variabili è limitato e lo si vede solo su alcuni importi e durate, ma è solo questione di tempo prima che la curva dei tassi torni alla normalità e che sul mercato si vedano regolarmente offerte a tasso variabile meno costose di quelle fisse.
Scegliere tra fisso e variabile
Non esiste in assoluto un’opzione migliore dell’altra, la decisione spetta agli aspiranti mutuatari. Se fino a qualche mese fa il tasso fisso era generalmente la soluzione migliore, poiché univa alla garanzia della stabilità del tasso anche un costo più basso rispetto al variabile, oggi quest’ultimo inizia a tornare in gioco. Come spiegano gli esperti di Facile.it «il margine di vantaggio a favore del variabile è ancora minimo, ma è necessario tornare a guardare a questo prodotto con attenzione perché, se da un lato espone il mutuatario a variazioni future della rata, dall’altro la storia insegna che i mutui indicizzati con riferimento all’Euribor si sono alla lunga spesso dimostrati più vantaggiosi rispetto a quelli legati all’Eurirs». Euribor e Eurirs sono gli indici che misurano il costo del denaro sul mercato interbancario per varie durate temporali: i primi si riferiscono alle operazioni interbancarie a breve termine (massimo un anno), i secondi a medio e lungo termine.
Quanto dura il mutuo giusto
All’abbassarsi della rata, solitamente corrisponde un allungamento della durata del mutuo. Anche per questo parametro non esiste una soluzione perfetta per tutti. Secondo Kìron Partner, la durata media di questo tipo di finanziamento è influenzata da svariati fattori, tra i quali l’offerta bancaria. Si pensi che fino al 2010 l’indicatore si attestava intorno ai 20 anni. L’offerta in Italia era molto attenta e poco competitiva. I mutui che arrivavano a 25 anni venivano considerati già di per sé un’eccezione. Erano poche le banche che includevano il prodotto a 30 anni nel proprio portafoglio. Intorno al 2010 qualcosa cambia e la maggior parte degli istituti inizia ad aggiornare la propria offerta allungando le durate dei prodotti permettendo così l’accesso al mutuo anche a fasce di clientela che avrebbero in precedenza avuto più difficoltà. Con la graduale e costante discesa dei tassi di interesse si è innescata una fase di aumento dei prezzi delle abitazioni. Importi più alti hanno necessariamente dovuto essere ammortizzati dalle famiglie su durate più lunghe. La durata media è così salita negli anni successivi fino a 25 anni, oscillando attorno a quel range fino all’avvento della pandemia, nel 2020. Le tensioni geopolitiche degli ultimi anni hanno poi generato una forte spinta inflattiva, contrastata con un repentino aumento dei tassi di interesse e di conseguenza delle rate di mutuo. Le famiglie hanno ammortizzato i nuovi aumenti delle rate allungando nuovamente gli anni del mutuo. Tutto ciò ha portato rapidamente la durata media a 26,7 anni nel 2023, dato leggermente in calo nel 2024 grazie al leggero ridimensionamento dei tassi di interesse.
Le previsioni per il futuro
Il sorpasso, a livello di convenienza, del mutuo a tasso variabile sul fisso è solo l’inizio di un trend che a breve potrebbe estendersi ai mutui offerti da molte banche. Come emerge dall’analisi dei Futures sugli Euribor, ci si attende che la Bce intervenga ulteriormente sugli indici e il tasso variabile possa scendere ancora. Seppur probabilmente vicini alla fine dei tagli, secondo le aspettative di mercato l’Euribor a 3 mesi, sceso a maggio sotto il 2,2%, dovrebbe arrivare a circa 1,70% entro fine anno e poi stabilizzarsi.
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