In Italia il mercato del credito immobiliare resta fortemente concentrato nei grandi centri urbani, mentre le aree periferiche continuano a mostrare dinamiche deboli. Secondo un’analisi del sindacato bancario Fabi, Roma e Milano da sole assorbono quasi il 23% del totale nazionale dei mutui attivi, con prestiti immobiliari pari a 86,9 miliardi di euro: 44,5 miliardi nella Capitale e 42,4 miliardi nel capoluogo lombardo, su un totale nazionale di 380,1 miliardi.
Questi dati si inseriscono in un contesto macroeconomico segnato da oltre un anno di politica monetaria espansiva da parte della Banca centrale europea, che ha tagliato i tassi d’interesse per otto volte consecutive. Il tasso ufficiale Bce è sceso dal 4,5% di settembre 2023 al 2% di giugno 2025, con una riduzione complessiva di 250 punti base. Eppure, l’effetto sull’economia reale resta limitato.
A tracciare una lucida analisi della situazione è Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, che sottolinea come la politica della Bce, se pur molto incisiva, da sola non sia sufficiente a far ripartire il credito. “Il taglio dei tassi da parte della Bce – ha affermato Sileoni – rappresenta un segnale importante, forte e atteso, ma ora serve un cambio di passo e uno sforzo condiviso, anche da parte delle banche, per far arrivare maggiori benefici alla clientela”. Per ora, ha quindi aggiunto il segretario generale Fabi, “la riduzione del costo del denaro non si è tradotta in vantaggi rilevanti per famiglie e imprese. In un contesto di incertezza e scarsa crescita economica, la politica monetaria può aprire la porta, ma se il settore bancario la tiene socchiusa, il rilancio dell’economia resta sulla carta”.
Da qui l’appello: “Non possiamo permetterci che questa fase si traduca in un’opportunità solo parziale. I segnali che arrivano dai dati sui mutui e sui prestiti mostrano che i benefici del nuovo corso monetario si stanno affacciando, ma ancora con lentezza. Serve uno scatto in avanti e una regia politica che favorisca l’accesso al credito per le famiglie e per chi vuole investire nel proprio futuro e che coinvolga tutti i soggetti in campo: istituzioni, banche, imprese e parti sociali”.
I numeri dell’analisi Fabi confermano questa lentezza nella trasmissione dei benefici. Il tasso effettivo medio (Taeg) sui mutui è sceso soltanto di 118 punti base tra ottobre 2023 e marzo 2025, passando dal 4,72% al 3,54%. Inoltre, a febbraio 2025 si è verificato un lieve aumento al 3,58%, a causa dell’andamento dei rendimenti a lungo termine, che ha ridotto la distanza tra tassi fissi e variabili.
Sul fronte della domanda, tra maggio 2024 e marzo 2025 si è registrata una crescita dell’1,9% dei prestiti alle famiglie, pari a quasi 8 miliardi di euro in più, ma i margini bancari restano elevati e i criteri di accesso al credito sono ancora molto rigidi, ostacolando una ripresa più vigorosa.
Tornando ai territori, alle spalle delle già citate Roma e Milano si posizionano Napoli, con 13,9 miliardi di euro di mutui attivi, seguita da Torino (13,7 miliardi), Bologna (10,2 miliardi) e Firenze (8,4 miliardi). Queste quattro città, tutte con oltre 300mila abitanti e mercati immobiliari attivi, contribuiscono per altri 46,2 miliardi, pari a circa il 12,1% del totale nazionale. Nel gruppo delle città di seconda fascia, per volumi di mutui, troviamo Verona (6,9 miliardi), Bari (6,5 miliardi), Genova (6,1 miliardi) e Palermo (5,9 miliardi). In particolare, Genova e Palermo mostrano una leggera contrazione rispetto al biennio precedente, a causa del rallentamento del mercato e della minore dinamicità nelle nuove erogazioni.
Nel complesso, le prime dieci città italiane per volumi di mutui raggiungono quasi 140 miliardi di euro, pari al 36,8% dell’intero stock nazionale. Una quota che conferma come il credito immobiliare in Italia sia fortemente polarizzato, a favore delle grandi aree metropolitane. Una dinamica che apre interrogativi sulla reale efficacia della politica monetaria espansiva: se le condizioni restano favorevoli solo per una parte del Paese, la ripresa del mercato immobiliare e del credito rischia di rimanere parziale.
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