Il blocco dell’aumento di tre mesi dell’età pensionabile previsto per il 2027 solo per chi avrà già compiuto 64 anni costerebbe 1,5 miliardi nel primo anno e circa 2 miliardi a regime, contro gli oltre 3 miliardi necessari per estendere la misura a tutti. È questa, secondo fonti al lavoro sul dossier, l’ipotesi su cui si sta concentrando il governo per alleggerire il peso dello “scalino” imposto dal meccanismo automatico che lega l’età di pensionamento all’aumento dell’aspettativa di vita.
La misura, come già anticipato dal Giornale – che per primo aveva rivelato le ipotesi di esclusione dei comparti difesa e sicurezza e la conferma delle attuali soglie per i lavori usuranti -, prevede che il congelamento riguardi solo chi nel 2027 avrà compiuto almeno 64 anni. Chi invece, pur con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 per le donne), non avrà raggiunto tale età, vedrà scattare l’aumento di tre mesi previsto dalla legge Fornero.
L’obiettivo è evitare un aggravio eccessivo sui conti pubblici, mantenendo al contempo una certa flessibilità in uscita per i lavoratori prossimi alla pensione. Il Messaggero aveva spiegato come il costo della misura, con questa limitazione, scenderebbe drasticamente rispetto alle prime simulazioni da 3 miliardi a regime, mentre resterebbe inalterato il meccanismo di adeguamento automatico per chi si trova più lontano dall’età di pensionamento.
SOLUZIONI ALTERNATIVE
Parallelamente, la Ragioneria generale dello Stato sta esaminando soluzioni alternative per attenuare l’impatto del 2027: tra queste, un aumento più graduale – con uno scalino di un solo mese il primo anno e di due mesi nel 2028 – oppure l’introduzione di una finestra mobile, ossia un periodo di differimento tra la maturazione del diritto e l’effettiva uscita dal lavoro.
La riflessione si inserisce in un contesto di rigore contabile imposto dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, deciso a evitare scossoni ai saldi pubblici in una fase in cui i mercati e le agenzie di rating osservano con particolare attenzione l’andamento della spesa previdenziale. Anche per questo, secondo gli esperti, l’ipotesi di un blocco totale e permanente dell’adeguamento alla speranza di vita è di fatto tramontata: un intervento di quel tipo, ha stimato l’Osservatorio sui conti pubblici, comporterebbe un incremento del debito fino a 15 punti di Pil entro il 2045.
LA PROPOSTA DURIGON
Sul tavolo resta anche la proposta, rilanciata dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, di consentire l’uscita a 64 anni con almeno 25 anni di contributi, utilizzando il Tfr per integrare l’assegno e raggiungere un importo minimo di 1.600 euro mensili. Ma anche in questo caso le valutazioni tecniche sono ancora in corso e strettamente legate alle risorse disponibili nella prossima manovra.
Da domani, con le audizioni di Istat, Bankitalia e Corte dei Conti sul Documento programmatico di finanza pubblica, il governo dovrà chiarire quale sarà la soluzione definitiva. Il nodo pensioni, dopo settimane di simulazioni e stime, resta dunque uno dei punti più delicati della legge di bilancio in arrivo.
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