Siamo sempre più allenati per individuare il momento del pensionamento, più o meno agognato. Nonostante la giungla delle norme che cambiano, delle deroghe che fioriscono, delle promesse che non si avverano. Ma siamo meno consapevoli di quanto tempo durerà la nostra pensione: detto in altro modo, non ci domandiamo quanti assegni mensili verranno staccati per pagare la nostra quiescenza.
Il gruppo di lavoro sulla longevità dell’Ordine degli Attuari in Italia stima che chi si ritirerà dal lavoro nel 2030 vivrà in media altri 21,7 anni, se maschio, e 25 anni se femmina. Il pensionamento durerà quindi tra i 20 e i 25 anni. Più o meno 325 mensilità, tredicesima compresa. Con una pensione di 1500 euro mensili, al lordo delle tasse, si sfiora il mezzo milione di euro di risorse necessarie per la sola erogazione della pensione. Lasciamo agli attuari il calcolo delle eventuali mancate coperture – siamo sicuri di aver pagato almeno mille euro al mese di contributi previdenziali obbligatori nel corso di tutti i nostri quarant’anni di vita attiva? – ma resta evidente il tema delle risorse finanziarie, che siano generate dal pilastro pubblico, che siano generate dal pilastro privato della previdenza complementare.
Vivere più a lungo è un rischio? Anche. Lo sguardo al privato consente un ragionamento più lineare, che può riguardare una minoranza più abbiente, ma indica percorsi comuni a tutti: il denaro non si riproduce in natura. Una recente indagine di Aipb (l’associazione italiana del private banking) ha indicato che l’88% degli intermediari considera il Longevity Risk “molto” (32%) o “abbastanza” (56%) importante nella valutazione del portafoglio di un cliente private.
Tuttavia, solo il 13% degli investitori integra pienamente il rischio di longevità nelle proprie strategie finanziarie, mentre un significativo 66% ritiene che la propria pianificazione ne tenga conto solo in parte. A livello individuale, il Longevity Risk implica che un numero crescente di individui dovrà pianificare risorse sufficienti per mantenere il proprio tenore di vita per un periodo più lungo del previsto. Più anni di vita, più anni di consumi, ma anche più anni di presidio attivo per la propria salute e per gli eventuali servizi assistenziali alla persona, e questo vuol dire capacità di spesa.
I rischi della longevità in Italia
L’Italia è tra i Paesi con la popolazione più longeva al mondo: si stima che entro il 2040 oltre il 32% degli italiani avrà più di 65 anni. «L’allungamento della vita rappresenta un meraviglioso traguardo scientifico per l’uomo ma richiede allo stesso tempo un nuovo approccio nella gestione del patrimonio. Il Private Banking riveste un ruolo cruciale nell’accompagnare i clienti nella pianificazione di lungo termine.
Lo studio evidenzia che, sebbene il 65% dei clienti sia preoccupato per l’impatto finanziario di una vita molto lunga e il 77,5% degli investitori riconosca l’importanza della consulenza a lungo termine, ancora troppo pochi adottano strategie concrete per affrontare il Longevity Risk», commenta Andrea Ragaini, presidente di Aipb.
I prodotti assicurativi svolgono un ruolo importante nella mitigazione del “rischio” di longevità. In particolare, la rendita vitalizia garantisce pagamenti regolari per tutta la vita dell’assicurato, mentre le polizze Long-Term Care (LTC) coprono le spese per l’assistenza a lungo termine. Ma la loro diffusione in Italia è dell’ordine del 2-3%. Poco o nulla. Anche le polizze Income Insurance (Protezione Reddito) possono fornire un sostegno finanziario in caso di invalidità. «L’utilizzo di questi prodotti può influenzare positivamente le scelte di investimento – sostiene il report Aipb – permettendo di allocare una maggiore porzione di capitale in asset più rischiosi e potenzialmente più redditizi.
Una delle strategie più efficaci per affrontare il Longevity Risk è il goal-based investing (GBI), un approccio che consente di pianificare e gestire il patrimonio in funzione degli obiettivi di vita. Nel dettaglio il goal based investing richiede la definizione dell’orizzonte temporale, dei flussi di cassa e degli obiettivi futuri, puntando a massimizzare la probabilità di raggiungere tali obiettivi, attraverso un ribilanciamento periodico del portafoglio e un dialogo continuo tra consulente e investitore».
Emerge sempre più evidente un bisogno di maggiore informazione (e di strumenti dedicati) per affrontare le sfide legate alla longevità. Solo il 16% degli intervistati nell’indagine Aipb, definisce il portafoglio investimenti insieme al consulente in modo completamente orientato a specifici obiettivi di spesa, mentre il 78% lo fa parzialmente. E solo il 42% pianifica i propri investimenti in funzione degli obiettivi di vita, mentre il 58% si concentra sulla massimizzazione del rendimento senza una chiara strategia di lungo periodo.
Essendo impossibile, per ora, sapere esattamente quanto si vivrà, dovremo riflettere sempre più sul come vorremmo (e potremmo vivere), in relazione ai consumi che andremo a sostenere, da quelli voluttuari a quelli assistenziali e sanitari.
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