Il caso spiagge si allarga e diventa una disputa sotto il sole d’Agosto tra il Codacons e l’associazione balneari. Tutto è partito da alcuni dati che denuncerebbero una stagione in crisi con una contrazione tra il 20% e il 30% rispetto agli anni precedenti.
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Numeri che hanno acceso le polemiche sui prezzi in riva al mare considerati da molti la vera causa del flop estivo.
L’estate balneare italiana sembra sia finita in un vortice in cui più fattori contribuiscono a tracciare un orizzonte in la crisi è un’eventualità sempre più temuta. Innanzitutto, a pesare sono i rincari legati in parte all’inflazione, in parte a una generale tendenza dei gestori ad alzare l’asticella dei prezzi.
Lo scontrino medio settimanale per un ombrellone e due lettini supera già oggi i 200 euro, eccezion fatta (al rialzo) per gli stabilimenti di lusso che possono arrivare a cifre monstre di oltre 500 euro al giorno per una postazione super esclusiva in riva al mare. Lasciando da parte i casi limite, tuttavia, le vacanze estive oggi costano in media il 30% in più rispetto all’era pre-Covid e il rincaro pesa chiaramente sul portafoglio dei turisti.
Inoltre, è probabilmente cambiato lo stile di vacanza degli italiani: non è un caso che, proprio quest’anno, le località di montagna stiano registrando afflussi in crescita e un aumento delle prenotazioni nelle strutture alberghiere. Infine, oggi la permanenza nei luoghi di villeggiatura è scesa a 7-10 giorni.
Le polemiche di questi giorni hanno acceso lo scontro a distanza tra Assobalneari e il Codacons.
“Negli ultimi giorni alcune testate giornalistiche italiane hanno alimentato un caso mediatico sul presunto caro spiaggia, sostenendo che i prezzi applicati dagli stabilimenti balneari sarebbero così elevati da impedire a molte famiglie di trascorrere le proprie vacanze al mare”, dice Assobalneari Italia, che “ritiene necessario chiarire che questa rappresentazione non corrisponde alla realtà.
“Il sistema balneare italiano è estremamente diversificato e offre soluzioni per tutte le tasche, con tariffe e servizi proporzionati alle diverse esigenze del pubblico, esattamente come accade nel settore alberghiero o in quello dei campeggi. Il turista – sottolinea Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari Italia-Federturismo Confindustria – può scegliere tra stabilimenti con servizi essenziali e strutture più attrezzate, in località e contesti differenti, modulando la spesa in base alle proprie possibilità. Le cause di questo calo di presenze sono invece – nell’analisi di Licordari – da ricercare nella grave crisi economica che attanaglia le famiglie italiane”.
Immediata la replica del Codacons.
“Invece di attaccare le testate giornalistiche che affrontano il problema, i balneari dovrebbero fare un serio esame di coscienza e maggiore autocritica, evitando di utilizzare la scusante del caro-vita come giustificazione al calo delle presenze in spiaggia e preoccupandosi invece di ridurre le tariffe al pubblico”, afferma il Codacons. “Condividiamo – dicono – l’affermazione dell’associazione di settore secondo cui esistono in Italia stabilimenti per tutte le tasche: i prezzi sono molto diversificati sul territorio e dipendendo dal livello dello stabilimento, dall’ubicazione e dai servizi offerti. Quello che però i balneari non dicono è che tutti i lidi, negli ultimi anni, hanno ritoccato al rialzo i propri listini al pubblico, prima con la scusa del Covid, poi a causa del caro-bollette. Aumenti applicati in modo indiscriminato”.
In base ai dati dell’Istat – ricorda l’associazione – i prezzi dei servizi ricreativi, che includono proprio stabilimenti balneari e piscine, hanno subito tra il 2019 ed oggi un incremento del +32,7%, proprio perché tutti gli operatori del settore hanno ritoccato continuamente i listini negli ultimi 6 anni.
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