«Gli oggetti devono fare compagnia». L’architetto Achille Castiglioni, indiscusso genio italiano del design, aveva tradotto così un’intuizione tanto vera quanto profonda: i pezzi d’arredo non devono solo servire, ma anche dialogare con lo spazio che li circonda e stabilire una connessione con chi li possiede. È una questione di occhio, ma anche di cuore. E poi c’è il portafoglio: in un tempo in cui il design rischia spesso di ridursi a un esercizio estetico minimalista, infatti, quella visione guida ancora il mercato del collezionismo, spingendo in alto le quotazioni degli oggetti più particolari. A correre forte nelle richieste degli acquirenti più lungimiranti, difatti, non sono tanto i grandi classici o le icone inflazionate del design generalista, quanto i pezzi unici, le produzioni limitate, gli oggetti ibridi che sanno raccontare una storia.
«C’è un fortissimo interesse per la produzione non seriale e per l’unicità del prodotto, che ormai è diventata un parametro importante anche sui mercati esteri, spesso precursori di alcune tendenze. Un altro fattore cardine è la particolarità dell’oggetto, talvolta rintracciabile anche in artisti minori ma con una chiara identità espressiva», racconta a Moneta Wiliam Purita, gallerista e creatore dello Spazio Morgagni, uno scrigno di design nel cuore di Porta Venezia a Milano. Nel mirino degli appassionati oggi ci sono in particolare i soprammobili o i complementi d’arredo: dai portaombrelli con decori zoomorfi di Fornasetti ai gettacarte firmati sempre da quest’ultimo e dall’azienda che ne porta il nome.
Cani e trichechi
Un portaombrelli in metallo serigrafato a forma di cane può superare senza difficoltà 2mila euro di listino. Vanno poi menzionate le ceramiche d’artista di Lucio Fontana e di Fausto Melotti (tra le creazioni più suggestive di quest’ultimo, un tricheco smaltato di rosso quotato attorno a 600 euro), ma anche le scatole e le ciste della Richard Ginori con decori di Gio Ponti, che possono valere anche 40mila euro. Gli esperti segnalano inoltre l’avanzamento dei grandi argenti del secolo scorso, come quelli di Buccellati, che ha realizzato centrotavola, candelieri e soprammobili dalle forme animalesche e dal valore sempre più significativo (considerando anche le attuali quotazioni del metallo prezioso). «In Italia alcuni di questi oggetti rientrano ancora in un mercato specialistico, ma sono destinati ad avere una sempre crescente riconoscibilità», osserva ancora Purita.

Ad attestare la forte appetibilità dei soprammobili e dei complementi d’arredo più originali è anche Giacomo Abate, esperto del dipartimento di Arti Decorative e Design del XX secolo di Wannenes casa d’aste. «Il fanatismo degli acquirenti per l’oggetto raro, oggi appare diminuito rispetto a un tempo. Emerge invece una grande attenzione per pezzi che hanno un fascino, sono unici e risvegliano delle memorie», dice lo specialista a Moneta, condividendo la storica intuizione di Castiglioni. «Ci sono pezzi che contaminano l’ambiente, portando una nota di ironia, di sobrietà o di forte carattere. Alcuni oggetti degli stessi fratelli Castiglioni o di Fornasetti colpiscono chi li guarda, non lasciano indifferenti. Peraltro oggi il mercato è molto maturo ed è pronto a recepire quotazioni anche piuttosto elevate».
Il doppio binario
In particolare, il mondo delle aste in questa fase si muove su due direttrici parallele: da una parte ci sono le intramontabili creazioni dei grandi maestri del design novecentesco (Ponti, Scarpa, Caccia Dominioni, Gardella, Castiglioni e Magistretti, Sottsass), dall’altra c’è una caccia al lotto più curioso, piuttosto che al dettaglio che può fare la differenza. Al riguardo, Abate cita alcuni oggetti firmati da Fontana Arte: «In asta abbiamo dei set da scrivania elegantissimi, con tagliacarte e fermacarte in vetro di particolare pregio». Sempre nell’ambito dei vetri e dei cristalli, vale la pena citare alcuni centrotavola e dei posacenere di Lalique, che uniscono funzionalità e raffinatezza, diventando piccoli capolavori da esporre, oltre che da usare. La stessa regola vale per gli specchi, spesso un territorio ancora poco esplorato ma in rapida ascesa sul piano collezionistico: alcuni modelli realizzati da Max Ingrand per Fontana Arte negli anni Cinquanta e Sessanta oggi raggiungono facilmente quotazioni a cinque cifre.

Riflettori accessi, poi, sul soprammobile luminoso. Quello che accende l’affare oltre che l’ambiente. Anche in questo caso il mercato è molto reattivo e ad essere privilegiate sono alcune realizzazioni di ArteLuce, che richiamano lo spazialismo di Lucio Fontana, e alcuni pezzi celebri di Flos, che ha collaborato – tra gli altri, – con gli stessi fratelli Castiglioni (per classici come le lampade Arco, Parentesi, Taccia, Snoopy) e con Philippe Starck. Oggi questi oggetti rappresentano anche una forma di investimento. Una Parentesi originale può infatti aggirarsi attorno a 1.500 euro, ma se si tratta delle prime edizioni o di varianti meno comuni, i valori salgono rapidamente. Stesso discorso per la lampada Saffo di Angelo Mangiarotti (1967), dal design scultoreo e minimale, sempre più ambita a livello internazionale.
Cuore e portafoglio
«In questo ambito l’affare è anche una questione di cuore. Se un oggetto non trasmette un’emozione, acquistarlo per mera logica speculativa non può portare lontano», tiene però a precisare l’esperto di Wannenes aste. In ogni caso, esistono dei piccoli accorgimenti per indirizzarsi verso il soprammobile che può regalare anche soddisfazioni al portafoglio. «Al design puro, molto creativo e concettuale, oggi si preferisce la grandissima qualità dei materiali, del progetto e dell’esecuzione, che si può riscontrare anche in arredi più classici», osserva ancora Abate. Meglio dunque privilegiare materiali che conservino ancora un tratto di artigianalità, quali ceramica, legno, vetro, metalli preziosi e resine, evitando invece quelli troppo deperibili come le schiume espanse o i rivestimenti sintetici fragili, tipici di alcune produzioni seriali degli anni Ottanta. Perché va bene la forma, ma è la sostanza a dare peso all’investimento.
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