I Paesi del Mercosur (Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay) si aggiudicano la palma, con Stati Uniti e Canada, dei principali falsificatori di cibo e vini Made in Italy, che non solo consumano nel mercato interno ma che esportano anche in tutti i continenti, dagli Usa alla Russia, senza discriminazioni politiche. Nella patria di Putin, i Paesi che non sono stati colpiti dall’embargo, come l’Argentina e il Brasile, hanno aumentato le esportazioni di cibi italiani taroccati, che sugli scaffali hanno sostituito gli originali, bloccati alle frontiere. Per questo, nella valutazione dell’ipotesi di accordo di libero scambio tra Unione Europea e Paesi del Mercosur, una particolare attenzione la merita il capitolo dedicato alle indicazioni geografiche.
Nello specifico, secondo l’analisi dell’Osservatorio Coldiretti, su un totale di 891 denominazioni di origine italiana riconosciute a livello comunitario, appena 56, pari al 6% del totale, sono protette dalle imitazioni nell’intesa raggiunta tra Ue-Mercosur. Peraltro con molte e pesanti eccezioni che purtroppo riguardano proprio le specialità alimentari nostrane più esportate e con i valori più alti di fatturato. Per l’Italia si tratta comunque di un numero di indicazioni geografiche tutelate dai falsi inferiore a quello della Francia (63) e della Spagna (59), che possono contare peraltro su minori riconoscimenti a livello comunitario.
La beffa
L’accordo prevede di fatto il via libera per legge e senza limitazioni temporali al “Parmesao”, al Grana e al Gorgonzola Made in Brasile, ma anche al “Reggianito” e al “Grappamiel” dell’Uruguay, al “Parmesano” dell’Argentina, del Paraguay e dell’Uruguay e alla Fontina prodotta in quegli stessi Paesi, più il Brasile. Ma queste sono solo alcune delle concessioni accordate dall’Unione Europea con il trattato Ue-Mercosur sul tema della protezione delle denominazioni di origine. L’intesa siglata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, concede infatti ulteriori eccezioni, seppur limitate nel tempo, per altri prodotti simbolo dell’agroalimentare tricolore.
In particolare, a partire dalla conclusione dell’accordo per le imitazioni, si potranno continuare ad utilizzare i termini Asiago per un periodo di 5 anni in Brasile e Uruguay, Gorgonzola per 5 anni in Argentina, Paraguay e Uruguay, Grana e Tipo Grana Padano per 7 anni in Argentina, Mortadella di Bologna per 10 anni in Brasile, Pecorino romano per 7 anni in Argentina e Uruguay (compreso “Romanito” e “Romano”), Prosciutto di Parma per 7 anni in Brasile e Taleggio per 5 anni in Argentina e Brasile. Le deroghe riguardano anche la possibilità di continuare a utilizzare, per i falsi realizzati nei Paesi del Mercosur, le denominazioni delle bevande alcoliche più note quali Asti (per un periodo di 7 anni in Brasile), Marsala (per 7 anni in Argentina), Grappa (per 7 anni in Argentina e Brasile) e addirittura Prosecco, ovvero il vino italiano più esportato, per 5 anni in Argentina e Paraguay e per ben 10 anni in Brasile.
In aggiunta, nell’appendice all’accordo, si precisa anche che non verrà garantita alcuna protezione all’uso di termini italiani come aceto balsamico tradizionale, bresaola, cacciatora, cantucci, culatello, mortadella, mozzarella, mozzarella di bufala, pancetta, pasta, pecorino, pomodoro, prosciutto, provolone salamini, zampone e vino. In altre parole i Paesi del Mercosur potranno utilizzare questi termini senza alcun limite per i loro prodotti “tarocchi” destinati anche all’export. La “legalizzazione” dell’italian sounding a tavola non è in realtà l’unico elemento di preoccupazione per la filiera agroalimentare italiana che, nonostante la crescente centralità acquisita, rischia di essere sacrificata sull’altare di altri interessi.
I rischi
Secondo Coldiretti e Filiera Italia l’attuale stesura apre di fatto la porta alla concorrenza sleale nei confronti degli agricoltori europei, con il rischio di compromettere anche la salute dei consumatori con l’importazione di prodotti da Paesi in cui si fa un uso diffuso di antibiotici e altre sostanze, quali i promotori della crescita, negli allevamenti, oltre al ricorso massiccio a pesticidi ormai vietati nell’Unione Europea.
«L’accordo tra Ue e i Paesi del Mercosur va cambiato. C’è in gioco la salute dei cittadini e la sopravvivenza di tanti agricoltori e allevatori europei. Non accetteremo questa rottamazione dell’agricoltura europea decisa a tavolino, con un accordo che apre le porte all’arrivo di prodotti agroalimentari con standard di sicurezza e qualitativi inferiori ai nostri e rischiosi per i consumatori perché ottenuti con pesticidi, antibiotici, ormoni che in Europa sono vietati da tantissimi anni», ha precisato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini.
E non va dimenticato il tema del lavoro minorile. Nell’udienza del 15 gennaio 2025 Papa Francesco, in uno dei suoi ultimi discorsi, era intervenuto duramente proprio su questo tema, con un riferimento preciso alla raccolta in America Latina di arandano, una specie di mirtillo. «Per la raccolta dell’arandano – aveva affermato Papa Francesco – ci vogliono mani tenere e la fanno fare ai bambini, li schiavizzano per la raccolta». L’appello a non diventare complici di chi compie un atroce reato riporta in primo piano il tema caldo degli acquisti di prodotti alimentari da Paesi terzi dove si sfruttano i minori e si utilizzano fitofarmaci dannosi per la salute di tutti. Un aspetto che riguarda direttamente la proposta di accordo con i Paesi del Mercosur che, nella sua forma attuale, non soddisfa i requisiti minimi di tutela dell’agricoltura europea, del rispetto dei diritti dei lavoratori e dello sviluppo sostenibile globale, come stanno sottolineando da più parti anche nel Vecchio Continente.
In Europa, mentre i governi di Germania e Spagna sostengono l’accordo con il Mercosur promosso dalla Commissione Europea, tra i principali oppositori c’è la Francia, con il presidente Emmanuele Macron che, anche nella sua recente visita in Brasile e nonostante il pressing di Lula, ha ribadito che il protocollo, se adottato nella sua forma attuale, «distruggerebbe completamente l’agricoltura». Pertanto – ha aggiunto – «dobbiamo migliorare questo testo» che «deve contenere clausole speculari o misure di salvaguardia» per assicurare che le esportazioni brasiliane rispettino gli standard di produzione dell’Ue. Una linea condivisa con l’Italia, che per voce della presidente del consiglio, Giorgia Meloni, ha più volte evidenziato perplessità. «Per quanto riguarda il Mercosur e gli accordi di libero scambio in linea di principio siamo favorevoli, ma il mercato non può essere libero se non è anche equo», ha affermato la premier recentemente. «C’è una questione legata alla reciprocità – ha precisato – e se non si difende la qualità del prodotto e non si costruiscono accordi di libero scambio che prevedano condizioni di produzioni equivalenti si finisce per penalizzare le proprie produzioni. Questa è la questione che noi stiamo ponendo sul Mercosur, sugli altri accordi di libero scambio».
Governi divisi
Compatto e contrario il fronte delle Organizzazioni agricole in tutta Europa. Secondo Farm Europe (il think tank Ue sulle economie rurali), sebbene la pressione sui negoziatori dell’Ue per concludere l’intesa sul Mercosur sia in aumento a causa delle tensioni nel commercio internazionale, l’accordo rimane in contrasto con gli interessi agricoli europei e vanificherebbe la maggior parte, se non tutti, gli sforzi dei produttori nel difficile percorso della transizione climatica. Gli accordi di libero scambio possono offrire importanti opportunità per l’economia europea, ma solo se e quando i principi di reciprocità saranno debitamente tenuti in considerazione. Tali condizioni, secondo Farm Europe, non sono soddisfatte e l’accordo minerebbe le principali filiere agricole dei Ventisette, aprendo le porte a prodotti che non rispettano le stesse regole sul piano sanitario, produttivo e di tutela sociale, per non parlare degli effetti negativi sul disboscamento dell’Amazzonia, polmone del pianeta.
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