“Show must go on”, lo spettacolo deve continuare. E allora, per scacciare l’incubo di un possibile crollo dei mercati, della crisi del dollaro e dell’inflazione in crescita, New York inaugura in questi giorni la grande festa dell’arte a sette zeri, un mese di maggio all’insegna delle aste più importanti dell’anno e delle fiere internazionali sbarcate sulle rive dell’Hudson malgrado lo spettro dei dazi (anche se, preventivamente, le gallerie non-statunitensi avevano già spedito tutte le opere un mese fa). Per i più pessimisti è una sbornia che ricorda il ballo sul Titanic; in realtà, a giudicare dall’entità dei capolavori che saranno messi all’incanto nelle prossime ore dalle major Christie’s, Sotheby’s e Phillips, pare più una prova muscolare verso un mercato dell’arte che negli States vanta il 43 per cento delle compravendite globali, con un fatturato di 24,8 miliardi di dollari.
Il simbolo della grande festa è tutto in “Baby Boom”, il grande dipinto del writer “maledetto” Jean-Michel Basquiat datato 1982, considerato l’anno d’oro per il pittore statunitense di origine haitiana. Il ritratto di famiglia (l’artista con i suoi genitori) montato su un telaio di legno a vista, omaggio al boom di natalità del Dopoguerra, era appartenuto al magnate dell’editoria Peter Brant e fu incluso in alcune delle più importanti mostre di Basquiat di tutti i tempi: mercoledì il dipinto sarà messo all’asta con una stima di 30 milioni di dollari. “Baby Boom”, capolavoro newyorkese per eccellenza, non è l’unico pezzo da novanta delle aste di Christie’s che si terranno a partire da lunedì al Rockfeller Center di Manhattan; la settimana si aprirà infatti con la vendita della ricca collezione dei coniugi mecenati Louise e Leonard Riggio, quest’ultimo fondatore della storica catena di librerie Barnes & Nobles. In vendita ci saranno 39 opere straordinarie di autori come Mondrian, Giacometti, Picasso e Magritte: del genio surrealista si batterà “L’empire des lumiere”, capolavoro che in un’altra versione fu aggiudicato al record di 120 milioni di dollari.
Non da meno gli altri due colossi delle aste mondiali. Sotheby’s la prossima settimana calerà dei veri e propri assi nelle aste serali, tra cui spicca la scultura “Grande testa” di Alberto Giacometti del 1955 stimata ben 70 milioni di dollari. Anche Sotheby’s, per l’occasione, sfodererà due importanti collezioni private: la prima è quella della mercante-mecenate Daniella Luxembourg, figlia di sopravvissuti dell’Olocausto e celebre per aver lanciato Sotheby’s in Israele e aver fondato il Museo ebraico di Vienna. Giovedì prossimo andranno all’asta 15 opere della sua immensa collezione tra cui capolavori del Novecento italiano come il “Concetto spaziale – La Fine di Dio” di Lucio Fontana (1963) stimato tra 12 e 18 milioni di dollari e il monumentale “Nero Cretto” di Alberto Burri (1976) stimato tra 2,5 e 3,5 milioni.
La seconda collezione appartiene a un’altra protagonista dell’arte americana dell’ultimo mezzo secolo, la gallerista newyorkese Barbara Gladstone scomparsa lo scorso anno a 89 anni. In vendita 12 lotti che fanno parte del suo vissuto di gallerista tra cui uno dei quattro dipinti “Black Flowers” del 1964 di Andy Warhol, stimato 1,5 milioni di dollari. La sbornia delle aste continuerà con Phillips che nella sede 432 di Park Avenue batterà 40 lotti per la stragrande maggioranza mai presentati sul mercato negli ultimi 15 anni, tra cui una scultura mobile di Alexander Calder appartenuta alla celebre collezione Malbin, e un ritratto di Sigmar Polke dipinto nientemeno che da Gerhard Richter.
Per non farsi mancare nulla, i collezionisti nella Grande Mela possono anche approfittare di due fiere internazionali: in primis la celebre Tefaf, sbarcata eccezionalmente nella Wade Thompson Drill Hall del Park Avenue Armory, che fino a martedì riunisce 91 gallerie top da tutto il mondo tra antico, moderno e contemporaneo. La seconda è la più contemporanea Frieze che a New York presenta in questi giorni 67 espositori tra cui colossi come Pace Gallery, David Zwirner e Gagosian. Una vera e propria maratona d’arte, quella di New York, e una doppia sfida: alla crisi, e anche a un mercato dell’arte che negli ultimi due anni ha penalizzato proprio le vendite “alte”, quelle dei capolavori a sette zeri.
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