L’onda lunga dell’intelligenza artificiale, che in due anni ha alimentato rally record a Wall Street, sembra mostrare le prime crepe. Il caso Nvidia in Cina, le parole di Sam Altman e le nuove stime del MIT hanno acceso un campanello d’allarme: il rischio che l’IA stia vivendo una fase di eccessiva esuberanza finanziaria, con dinamiche simili a quelle della bolla delle dot-com.
Lo stop cinese all’H20 di Nvidia
La miccia è stata accesa da Pechino. Secondo Bloomberg, Nvidia ha chiesto ai propri fornitori, tra cui Samsung Electronics e Amkor Technology, di sospendere la produzione dell’H20, il chip IA sviluppato ad hoc per il mercato cinese. L’H20 era nato come compromesso geopolitico: meno potente rispetto alle GPU di punta per rispettare le restrizioni Usa all’export di semiconduttori avanzati, volute prima da Joe Biden e poi confermate da Donald Trump. In teoria, doveva garantire alle aziende cinesi un accesso legale a processori ad alte prestazioni, senza sconfinare nell’uso militare o nella sorveglianza di massa.
Ora però anche questo equilibrio è saltato. Il 12 agosto le autorità di Pechino avevano invitato le imprese a ridurne drasticamente l’utilizzo, soprattutto nei progetti pubblici, mettendo in guardia sulla loro sicurezza dubbi sulla sicurezza. Una stretta arrivata poche ore dopo l’annuncio che Nvidia e AMD verseranno al Tesoro americano il 15% delle entrate cinesi. La vicenda si intreccia con le tensioni politiche: il segretario al Commercio Usa, Howard Lutnick, ha ribadito la volontà di mantenere la Cina dipendente dalla tecnologia americana, alimentando la reazione di Pechino, che proprio ieri aveva dato segni di fastidio.
Un mercato fragile e nervoso
La notizia ha trovato un mercato già in affanno. Dopo Ferragosto, l’S&P 500 ha registrato una delle peggiori serie negative del 2025. Alcuni dei colossi delle Magnifiche 7 hanno ceduto terreno, riaccendendo i dubbi sulla sostenibilità del boom dell’IA. Le valutazioni erano arrivate a livelli storici. Nvidia, simbolo di questa rivoluzione, viene scambiata a un rapporto prezzo utili sopra quota 30. Non è ancora un livello da bolla, spiegano gli analisti, considerando che all’epoca delle dot-com il settore viaggiava oltre quota 50. Ma la combinazione di costi crescenti, incertezze geopolitiche e utili non sempre all’altezza ha alimentato la correzione.
A mettere ulteriore pressione è arrivato un rapporto del MIT: soltanto il 5% dei progetti di IA starebbe generando valore reale. Una fotografia che si somma alle parole di Sam Altman, ceo di OpenAI, che non ha esitato a definire l’attuale boom di investimenti in intelligenza artificiale una “bolla speculativa”.
Un rally eccezionale seguito da uno scivolone
Il 2025 era iniziato con un entusiasmo travolgente: il Nasdaq ha guadagnato oltre il 50% dai minimi primaverili, con Nvidia e Palantir in rialzo rispettivamente del 30% e del 100%. Poi, ad agosto, il vento è cambiato: il Nasdaq Composite ha perso il 2% in una settimana, mentre l’indice S&P 500 Information Technology ha ceduto oltre il 2,5%.
In questo contesto, anche piccoli segnali di fragilità hanno avuto effetti amplificati. Lo dimostra il caso DeepSeek: a gennaio, la startup cinese aveva presentato un assistente IA gratuito a basso costo, facendo perdere in un solo giorno il 17% a Nvidia (593 miliardi di dollari di capitalizzazione bruciati) e oltre 1.000 miliardi all’intero comparto dei semiconduttori.
Dietro i numeri di Borsa c’è la realtà dei bilanci. Microsoft, Alphabet, Amazon e Meta stanno bruciando capitali a ritmi senza precedenti: secondo le stime, i capex cumulati per l’IA saliranno dai 220 miliardi di dollari del 2024 a quasi 270 miliardi quest’anno. Una corsa che, se non genererà ritorni concreti, rischia di trasformare aziende tradizionalmente redditizie in realtà capital intensive, con margini più bassi e maggiore indebitamento. Il comparto tech americano tratta ora a circa 30 volte gli utili attesi, mentre il peso delle big tech sugli indici si avvicina ai massimi storici. Una concentrazione che rende il mercato vulnerabile: basta un inciampo per innescare correzioni violente.
Il contraccolpo non riguarda solo Silicon Valley. In Europa, società come ASML e Infineon hanno subito forti ribassi, insieme ai fornitori di cloud e cybersecurity, segnalando che il tema IA è ormai sistemico. La correzione non cancella le prospettive di lungo periodo, ma ridefinisce i tempi: dopo mesi di euforia, gli investitori chiedono ora risultati concreti e modelli di business solidi.
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