L’affare in questo caso è una questione di intrecci. È una successione di nodi che racconta non solo le finezze di un’arte secolare, ma anche la complessa storia di un mercato passato attraverso sorti alterne: dai picchi di una crescita vertiginosa alle brusche cadute di una profonda crisi. E ora di nuovo su, verso una lenta ma costante riscoperta. Quello dei tappeti persiani è un segmento del collezionismo tra i più anomali e affascinanti allo stesso tempo, perché non segue mode momentanee ma si muove piuttosto su lunghi cicli. Queste opere di manifattura tessile rispondo infatti a dinamiche legate piuttosto al valore storico e persino alle vicissitudini geopolitiche.
«I tappeti incarnano un’arte pregiata fatta di intrecci, di complessità esecutiva, di abilità manuale e di tradizione iconografica. Negli ultimi decenni il loro mercato, come quello dell’intero ambito dell’arredo antico, ha vissuto una sensibile contrazione dovuta al cambiamento del gusto, delle abitudini quotidiane e del modo di vivere gli spazi domestici, oggi meno inclini all’opulenza decorativa e alle cure che questi manufatti richiedono. Eppure le cose stanno cambiando. Di recente i persiani stanno tornando sotto i riflettori», racconta a Moneta Giacomo Manoukian, capo del dipartimento tappeti e tessuti de Il Ponte casa d’aste.

I numeri raccontano con chiarezza la parabola attraversata da questi tesori d’Oriente: negli anni Novanta, l’Iran esportava tappeti fatti a mano per un valore superiore ai 2 miliardi di dollari l’anno, nel 2024 questa cifra è scesa sotto i 42 milioni. Un crollo arrivato a punte del 90 per cento. Alle già citate cause di questa caduta si aggiungono la concorrenza crescente da parte di Paesi produttori come India, Cina e Turchia, ma soprattutto le sanzioni economiche internazionali che, dal 2018, hanno fortemente limitato la capacità dell’Iran di commerciare liberamente con l’estero. Tali traversie non hanno però indebolito il valore dei tappeti made in Persia, che in alcuni casi hanno anzi raggiunto quotazioni da mille e una notte (è proprio in caso di dirlo).
Nel 2013, il celebre Clark Sickle-Leaf Carpet, un rarissimo esemplare del XVII secolo proveniente da Kerman, è stato battuto da Sotheby’s a New York per oltre 33,7 milioni di dollari, un record mondiale. Altri pezzi storici, come un Kirman Vase Rug o un tappeto di seta di Isfahan, hanno superato rispettivamente 9,6 milioni e 4,4 milioni. A determinare il valore – spiega Manoukian – è innanzitutto la finezza dei nodi e delle tessiture. «Le annodature più larghe, tipiche di regioni come l’Anatolia o il Caucaso, conferiscono al tappeto un senso di manualità particolarmente apprezzato dai collezionisti. I nodi più fitti contraddistinguono invece tappeti altrettanto preziosi e dal gusto più aulico legati alle committenze imperiali, come quelle ottomane e quelle persiane di Safavide, caratterizzati da motivi ornamentali figurativi di una solennità quasi ridondante». L’integrità è un elemento altrettanto determinante, ma con eccezioni fondamentali. «Alcuni frammenti rarissimi sono talmente eccezionali che non vengono influenzati dal fatto di essere tali o molto danneggiati. I puristi preferiscono tenerli così per non alterarne il valore», racconta ancora l’esperto de Il Ponte aste.
A gravare sulle sorti dei persiani sono stati negli anni anche i numerosi falsi immessi sul mercato, rispetto ai quali ci può tuttavia difendere. «Per orientarsi con sicurezza è necessario aver osservato, maneggiato e studiato migliaia di esemplari cogliendo anche quei segnali visivi e tattili che solo l’esperienza può affinare. Il mio consiglio è di non improvvisarsi conoscitori», sottolinea Manoukian. In linea generale, esistono però accortezze utili ad aiutare anche un occhio meno esperto. Innanzitutto, sul retro del tappeto si devono vedere i nodi singoli e il disegno “specchiato”, meno nitido rispetto al fronte. I manufatti annodati a mano, inoltre, presentano spesso bordi e misure leggermente irregolari. Un altro dettaglio tecnico importante è il nodo senneh (persiano), che consente una maggiore definizione del disegno. La provenienza certificata e le documentazioni d’archivio sono infine elementi essenziali per garantire l’autenticità. In questi casi è opportuna la massima attenzione, perché il filo che separa l’affare dall’illusione è sottilissimo e spesso molto ben annodato.
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