Il giorno è arrivato e per il mercato dell’antiquariato non è un giorno facile. Proprio oggi, sabato 28 giugno, entrano in vigore le normative Ue che sanciscono nuovi e serratissimi limiti all’importazione di beni culturali di provenienza extraeuropea. I nuovi obblighi impongono ulteriori vincoli – per molti operatori quasi insostenibili – relativamente alle licenze e alle certificazioni di provenienza per oggetti antichi o beni archeologici d’arte importati da Paesi al di fuori del continente.
Le normative intendono porre una pietra miliare su quello che è da sempre un mercato “grigio”, costellato di trafugamenti e vendite illecite con destinazione gallerie e case d’asta occidentali. In Europa – e in Italia – la situazione è storicamente spinosa, complicata anche dalle cause internazionali che impongono la restituzione di un vasto patrimonio di “arte coloniale” trafugata durante gli imperi britannici, francesi e tedeschi, e in gran parte presente nei musei europei.
Tra i casi più eclatanti degli ultimi anni c’è quello dei bronzi del Benin saccheggiati dai soldati britannici a cavallo dell’Ottocento ed esposti anche nei musei in Svizzera e in Germania. L’Europa, peraltro, è il mercato che anche negli ultimi anni si è dimostrato più ricettivo verso le antichità extra continente; basti pensare che dal 2018 ha evidenziato un trend crescente del 54%, senza mai rallentare neppure nel periodo Covid.
Le nuove normative Ue – che prevedono divieti, licenze o dichiarazioni di importazione dai Paesi di provenienza senza le quali i beni archeologici e le opere antiche non potranno entrare (specie quelli superiori ai 200 anni) – aumenteranno inevitabilmente i costi per gli operatori del mercato, rendendo indispensabile il supporto di avvocati e qualificati esperti nel campo della provenance research. È questa una delle ragioni per cui le ultime edizioni delle grandi fiere d’arte hanno visto stand particolarmente ricchi di arte tribale, africana e asiatica, le cui maggiori gallerie sono a Bruxelles e a Parigi: come Bernard de Grunne, Lucas Ratton, Yan Ferrandin, Serge Scoffel, Patrick et Ondine Mestdagh.
«È importante innanzitutto definire chiaramente gli oggetti coinvolti: opere con un valore superiore ai 18.000 euro, con più di 200 anni di età. La licenza di importazione sarà concessa se si potrà dimostrare che l’oggetto si trovava già fuori dal paese d’origine prima della Convenzione Unesco dell’aprile 1972», commenta Tobias Desmet, nuovo segretario generale di Brafa di Bruxelles, tra le maggiori fiere internazionali di antichità.
I settori più colpiti saranno l’arte tribale, precolombiana, archeologica, asiatica, islamica e, tra gli altri, l’arte paleontologica. «Per i mercanti di arte africana la soglia dei più di 200 anni è un sollievo perché gli oggetti d’arte che superano tale soglia sono relativamente rari e possiedono generalmente già la documentazione richiesta; solo che, da ora, ottenere i permessi di importazione comporterà un ritardo fino a 90 giorni».
Desmet non nasconde le preoccupazioni per l’intero comparto: «L’impatto sul mercato ci sarà anche sulle transazioni perfettamente legali perché si introducono ulteriori obblighi amministrativi oltre ai requisiti già esistenti. Il cambiamento principale di questa legislazione è che l’onere della prova ricade interamente sull’importatore, che deve dimostrare che l’oggetto è stato esportato legalmente dal Paese d’origine. Il problema è che molte provenienze possono essere dimostrate solo con prove circostanziali anche nei casi in cui non vi siano dubbi sulla legittimità dell’oggetto. Verranno accettate solo prove documentali solide, che sono frequentemente assenti, poiché fino a circa 20 anni fa la questione della provenienza era scarsamente considerata nel mercato dell’arte».
Ma quali saranno le ricadute su fiere importanti come Brafa o Tefaf? «Brafa monitora rigorosamente la provenienza degli oggetti e dispone di un regolamento interno che va oltre la Convenzione Unesco. Prima dell’apertura della fiera, ogni oggetto è valutato da un comitato indipendente composto da 80 esperti internazionali, che ne esaminano sia l’autenticità sia la conformità amministrativa con le normative: un controllo indipendente che utilizza diverse banche dati, tra cui quelle di Interpol e le liste dei beni saccheggiati durante la Seconda guerra mondiale».
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