Le immagini di stabilimenti balneari italiani nell’estate 2025 non raccontano un crollo del turismo, ma piuttosto la trasformazione di un modello vacanziero che da oltre trent’anni caratterizza il litorale italiano. Lo ha spiegato di recente il ministro del Turismo, Daniela Santanchè, esponendo dati e numeri che confermano la leadership tricolore nel settore a livello internazionale. A confermare questa versione è anche Marco Maurelli, presidente di Federbalneari Italia, che inquadra il fenomeno come una polarizzazione tra turismo organizzato e domestico, con flussi sempre più concentrati nei fine settimana e nei festivi.
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Secondo Maurelli, “le presenze dal lunedì al venerdì si riducono drasticamente anche in località con tariffe medio-basse, mentre nei weekend il quadro si ribalta: le spiagge tornano a lavorare a pieno regime, spinte sia dal turismo locale sia dai soggiorni brevi“. È un cambiamento strutturale, rafforzato dalle nuove abitudini di consumo e dalle mutate esigenze della filiera turistica, spesso condizionate anche da ritmi lavorativi più frenetici.
Il mare italiano rimane la meta preferita, ma oggi viene vissuto in modo più flessibile e frammentato. Non più vacanze lunghe da un mese o più, bensì soggiorni brevi o mordi e fuggi, spesso limitati a uno o due fine settimana o a una singola settimana in stagione. Non stupisce, quindi, se da maggio a settembre inoltrato gli stabilimenti si riempiano nei weekend.
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La ricerca di forme alternative di vacanza è un dato ormai consolidato: nel 2024, ad esempio, il 10,8% degli italiani ha scelto la montagna, mentre quasi il 3% si è orientato verso i laghi. Le città d’arte e l’estero rappresentano ulteriori opzioni. Tuttavia, il mare italiano resta centrale, con una domanda che si adatta ma non cala.
Sul fronte economico, Maurelli evidenzia un altro aspetto spesso sottovalutato: dal 2012 al 2025 le tariffe di noleggio balneare sono cresciute solo del 20%, pari a meno del 2% medio annuo. Un incremento contenuto, soprattutto se confrontato con l’inflazione post-Covid (tra l’1,9% e l’8,1% tra il 2021 e il 2023), che ha eroso il potere d’acquisto delle famiglie, già alle prese con retribuzioni in media inferiori del 12%.
Nel frattempo, però, il costo del lavoro stagionale è quasi triplicato, raggiungendo i 110 euro giornalieri per lavoratore. “Molti imprenditori hanno cercato – e continuano a farlo – di non trasferire integralmente questi aumenti sui consumatori”, sottolinea Maurelli, evidenziando la volontà di preservare la competitività del settore, nonostante margini sempre più stretti.
Anche il confronto con l’estero non spaventa. È vero che in Paesi come il Montenegro o Corfù l’Iva sul turismo è al 5%, ma i dati dimostrano che l’Italia rimane altamente competitiva: una settimana in Grecia o Croazia costa in media 600 euro a persona, mentre l’Italia offre una proposta comparabile – se non superiore – a circa 500 euro a persona, unendo alla bellezza del mare anche il fascino delle città d’arte.
Secondo Federbalneari Italia, questo conferma la qualità elevatissima dell’offerta turistica nazionale, che può contare su una filiera articolata e capillare, ma che necessita ora di un confronto strutturale sul piano fiscale, per garantire sostenibilità nel medio e lungo periodo. Nonostante le trasformazioni in atto, i numeri del turismo estivo italiano restano solidi: oltre 36 milioni di italiani in viaggio e una spesa che supera i 41 miliardi di euro. Il mare continua a essere il cuore pulsante di un modello di vacanza in evoluzione, dove la qualità, l’accessibilità e la varietà dell’offerta fanno dell’Italia una destinazione ancora di riferimento, anche nel contesto europeo.
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