Circa quattro milioni di lavoratori italiani sono senza contratto. Nel settore pubblico – 2,3 milioni – le trattative sono bloccate nonostante i 20 miliardi stanziati dal governo. «Non è mai successo si disponesse di una somma simile e se ne usasse solo una minima parte», ha dichiarato il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, parlando di una situazione «oggettivamente insostenibile».
La sanità (580mila addetti non medici), la scuola (1,3 milioni) e gli enti locali (oltre 450mila dipendenti) restano al palo. Il motivo? Il “no” di Cgil e Uil, che chiedono aumenti fino al 15% contro il 7% già previsto. Per il ministro, «la Cgil sta portando la politica sul tavolo negoziale» e «la Uil segue a ruota». Con il rischio, concreto che i fondi vengano dirottati su altre misure, come il taglio Irpef. In questo contesto si distingue la Cisl.
«La questione salariale va affrontata senza demagogia», ha dichiarato la segretaria generale Daniela Fumarola puntando il dito contro l’«immobilismo irresponsabile di alcune sigle». Qualcosa si muove nella sanità: al tavolo del 18 giugno si attendono sviluppi. Nella scuola tutto rinviato a settembre.
Anche nel privato la situazione è complessa. I metalmeccanici – 1,5 milioni di addetti – aspettano da mesi un rinnovo bloccato. Il problema non è ideologico, ma industriale: le grandi aziende vorrebbero chiudere, le Pmi faticano per costi e calo della domanda (la produzione è salita appena dello 0,3% ad aprile, dopo 26 mesi di discesa). I sindacati vogliono aumenti netti sui minimi e il 20 giugno è previsto un nuovo sciopero.
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