Sono normalmente inserite nella categoria dei titoli difensivi, insieme ad alimentari e farmaceutici. Parliamo delle cosiddette utility, vale a dire le società dell’energia e le ex municipalizzate. Una categoria che sta beneficiando del calo dei tassi d’interesse, ma anche intercettando parte dei capitali usciti da altri settori, colpiti dai dazi Usa. Non a caso la recente fase di rivalutazione ha avuto inizio proprio ai primi di aprile, quando cioè il presidente americano Donald Trump aveva rilasciato le prime dichiarazioni sull’introduzione delle nuove tariffe. L’indice settoriale di Borsa Italiana, infatti, il Ftse Italia All Share Utilities, che a marzo aveva toccato il minimo dell’anno, a quota 37.631 punti, viaggia ora intorno a quota 42mila punti, dopo aver raggiunto a fine maggio il massimo annuale di 45.493.
È ragionevole ipotizzare nuovi progressi? Per il momento la maggior parte degli analisti invita alla prudenza. In sostanza tutti o quasi si aspettano un periodo di consolidamento dei prezzi, dovuto anche alla stagionalità, anche se la diminuzione dei consumi dovuta alla fine dell’inverno è in parte compensata dall’esigenza opposta, vale a dire la refrigerazione di uffici e abitazioni. Nel lungo periodo, tuttavia, il trend dei prezzi dovrebbe ricominciare a muoversi verso l’alto. Soprattutto se la Bce, come sembra, proseguirà nella politica di limatura dei tassi. E sempre che l’inflazione resti sotto controllo. Un possibile ostacolo è infatti rappresentato dagli sviluppi della geopolitica mondiale, in questo momento caratterizzata da conflitti in molte parti del globo, l’ultimo in Medio Oriente. In questo caso una recrudescenza dei prezzi del petrolio potrebbe vanificare speranze e aspettative.
Insomma, la corsa al rialzo delle utility sui mercati borsistici potrebbe registrare un stop, se non addirittura una netta inversione di tendenza. C’è poi il vasto capitolo delle energie rinnovabili. Quanto peseranno nell’immediato futuro sullo sviluppo dei consumi energetici? E in quali Paesi? Domande che per il momento non hanno ancora trovato una risposta certa.
Limitando l’analisi alla Borsa italiana, il comparto ha registrato nell’ultimo anno una tendenza univoca. Tutte le principali società di questo comparto presentano performance largamente positive. Spuntano alcuni segni meno, invece, se si allarga l’osservazione all’ultimo triennio.
Sono poco più di una decina le realtà quotate a Piazza Affari, in grandissima parte società di importanza nazionale. Si va da Acea ad Alerion, da Ascopiave ad A2a, da Enel a Erg, da Hera a Iren, fino a Italgas, Snam e Terna. Proponiamo per alcune di esse un’analisi approfondita.
A2a
La società è attiva nella produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica, gas, nei servizi ambientali e di efficienza energetica, mobilità elettrica e smart city. È il frutto della fusione, avvenuta del 2008, tra Aem Milano, Asm Brescia e Amsa. La prime due erano già quotate a Piazza Affari: la prima dal 1998, la seconda dal 2002.
Di recente Morgan Stanley ha giudicato il titolo “equalweight” (da pesare correttamente) e alzato il target price a 2,5 euro, contro una quotazione intorno a 2,3 euro. Quanto all’analisi tecnica, Teleborsa indica un primo supporto a 2,302 euro e un secondo a 2,276 euro, mentre sul fronte rialzista la prima resistenza è fissata a 2,358 euro e la seconda a 2,414 euro. La società ha in corso un’operazione di buyback (acquisto sul mercato di azioni proprie).
Enel
Nata come ente pubblico nel 1962 e privatizzata nel 1992, la società ha ancora lo Stato come azionista di maggioranza relativa (23% circa del capitale). Il resto è il flottante sul mercato ma comprende anche le quote di numerosi investitori istituzionali esteri. A fine maggio il titolo ha toccato il suo massimo dell’anno, a 8,172 euro e oggi presenta una performance positiva del 13,5% nell’ultimo semestre, che sale a +25,7% se il confronto viene fatto con la quotazione di un anno fa.
Gli analisti sono nella totalità positivi. Gli ultimi giudizi in ordine di tempo sono quelli di Intesa Sanpaolo che ha confermato la raccomandazione “buy” (comprare), indicando un target price di 8,8 euro, mentre prima Bernstein aveva emesso il giudizio “outperform” (farà meglio del mercato) con un obiettivo di prezzo di 8,3 euro.
Erg
Gruppo privato (fa capo alla famiglia Garrone di Genova), ha recentemente sviluppato la propria attività soprattutto nelle energie rinnovabili, in particolare eolico e solare. Il titolo presenta in questa seconda metà di giugno una leggera performance positiva relativa all’ultimo mese, mentre sono ancora negativi i confronti con sei mesi fa (-6,6%) e con un anno fa (-24%).
Hera
È una multi-utility con oltre 10mila dipendenti, operante prevalentemente in Emilia Romagna, ma anche nelle regioni del Centro Italia, in Veneto e Friuli Venezia Giulia. Nel capitale sono presenti circa 200 soci pubblici, una parte dei quali (111 per la precisione) è riunita in un patto di sindacato che detiene il 45,8% del capitale sociale. Il titolo vale attualmente poco più di 4 euro e presenta una leggera performance positiva nell’ultimo mese, ma nell’ultimo semestre è cresciuto del 24% e rispetto a un anno fa del 30%.
Iren
Secondo gruppo multi-utility in Italia, oltre che nell’energia elettrica opera anche nei settori del gas e dei servizi idrici integrati. Proprio lunedì scorso il titolo ha toccato il nuovo massimo dell’anno di 2,78 euro e i giudizi degli analisti sono tutti positivi. L’ultimo è di Intesa Sanpaolo che ha confermato il “buy” e alzato a 2,8 euro l’obiettivo di prezzo.
Italgas
Fondata a Torino nel 1837 ha più volte cambiato negli anni la ragione sociale. La società, controllata da Cassa Depositi e Prestiti (26% del capitale, cui partecipa anche Snam con il 13,5%), leader in Italia nella distribuzione del gas naturale, vanta una lunga permanenza a Piazza Affari, interrotta soltanto tra il 2003 e il 2016. A inizio mese ha toccato il suo massimo annuale (che è anche massimo storico), a quota 7,085 euro, con robuste performance positive sia nell’ultimo semestre (+37%), sia nell’ultimo anno (+54%).
I più recenti report degli analisti sono però improntati alla cautela. Sia Mediobanca con giudizio outperform (farà meglio del mercato) sia Barclays con un equalweight (pesare correttamente) hanno tagliato il target price, rispettivamente a 7,2 e 7 euro.
Snam
Primo operatore europeo nel trasporto del gas naturale, presenterà il prossimo 30 luglio agli analisti la relazione semestrale. Il titolo ha toccato lo scorso 3 giugno il suo massimo dell’anno, a 5,322 euro e vanta performance positive sia nell’ultimo semestre (+21,7%) sia nell’ultimo anno (+22,7%). Nei giorni scorsi Berenberg ha confermato il giudizio “hold” (mantenere in portafoglio) con un target price di 5,3 euro, mentre prima Barclays lo aveva tagliato a equalweight (pesare correttamente) dal precedente overweight (sovrappesare) confermando a 5,4 euro l’obiettivo di prezzo
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