Vivremo sempre più a lungo, dicono i dati e le proiezioni scientifiche. Ma vivremo anche meglio? La vera sfida del nostro tempo non è solo aumentare gli anni di vita, ma migliorarne la qualità. In mondo sommerso da cibi spazzatura e costretto alla dipendenza cronica dai medicinali, il tema della longevità sta assumendo un’importanza sempre più significativa. Perché è il solo in grado di invertire la rotta, con conseguenze positive sui sistemi sanitari e sullo sviluppo economico. Secondo l’Ocse, raddoppiare l’aspettativa di vita in buona salute nei Paesi sviluppati entro il 2050 potrebbe infatti generare un incremento del Pil globale di oltre 10mila miliardi di dollari.
Nello specifico, l’argomento interessa da vicino l’Italia, che è uno dei Paesi più longevi al mondo: oggi oltre 14,5 milioni di persone hanno più di 65 anni (il 24,7% della popolazione) e si stima che nel 2050 saranno quasi 19 milioni, pari a un terzo del totale. Ma questa longevità non è sempre di qualità. Gli anziani italiani vivono in media 10,1 anni in buona salute dopo i 65, meglio della media europea (9,1), ma con forti disparità tra Nord e Sud. Secondo il Censis, entro il 2040 gli over 50 genereranno oltre metà del Pil nazionale e rappresenteranno il 75% dei consumi. In quest’ottica, la longevity rappresenta un potenziale motore della crescita. Oltre che della salute in generale.
“Quello della longevità è un tema che si sta ancora delineando e che sta crescendo sempre più di importanza. Ma spesso mancano risposte davvero concrete. Ora però l’Europa è pronta a cambio di paradigma nella gestione delle malattie croniche, grazie a un nuovo approccio scientifico che porterà anche un notevole risparmio ai sistemi sanitari nazionali”, afferma Andrea Ghirardi, ceo di L-Nutra Europe, che proprio in questi giorni ha lanciato in Europa e in Italia L-Nutra Healt, un programma clinicamente testato basato sull’alimentazione, per la gestione delle malattie metaboliche. Il lancio arriva dopo anni di ricerca, che hanno dimostrato la sicurezza e l’efficacia di tale approccio, ispirato alla Dieta Mima Digiuno, nel trattare le cause biologiche delle disfunzioni metaboliche. Si tratta di una soluzione scalabile, non farmacologica, per pazienti e sistemi sanitari che vogliono andare oltre la semplice gestione della malattia e puntare a un recupero metabolico duraturo.
L’approccio è dunque orientato alle cause e non ai sintomi. Così – prosegue Ghirardi – “si restituisce ai pazienti un ruolo attivo, oltre la semplice gestione della malattia”. Un cambio di paradigma, se si considera che attualmente i sistemi sanitari nazionali europei sono orientati più alla cura che alla prevenzione. In Italia, il 95% della spesa sanitaria pubblica va alla gestione delle malattie, mentre solo il 5% viene investito in prevenzione. Questo orientamento ha un costo. L’Istat stima che le malattie croniche legate all’età – come diabete, ipertensione, osteoporosi – assorbano oltre il 60% della spesa sanitaria totale. E con l’invecchiamento della popolazione, il rischio è l’insostenibilità. Secondo uno studio della School of Management del Politecnico di Milano, una riorganizzazione efficiente del sistema, orientata alla prevenzione e all’assistenza territoriale, potrebbe ridurre la spesa pubblica sanitaria di oltre 50 miliardi di euro nei prossimi dieci anni.
“Non a caso parliamo di longevità ma anche di sostenibilità. Migliorando gli stili di vita andiamo ad abbassare i costi della prevenzione primaria, favorendo anche una maggior accessibilità alle cure, perché si decongestiona un sistema ormai sovraccarico”, conclude Ghirardi. È dunque sempre più evidente che puntare sulla longevità in salute non è solo una scelta etica o sanitaria, ma una vera e propria strategia di sviluppo. Secondo una stima del McKinsey Health Institute, se nei prossimi anni si riuscisse ad aumentare di dieci anni la vita in buona salute a livello globale, l’impatto economico complessivo ammonterebbe a 100.000 miliardi di dollari entro il 2040, grazie alla riduzione dei costi sanitari, all’aumento della produttività e a una forza lavoro più longeva e attiva.
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