Il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell al simposio di Jackson Hole ha aperto la porta a un taglio dei tassi. Ha affermato che i rischi economici “mutevoli” hanno acuito la necessità di un taglio perché il mercato del lavoro si sta raffreddando e i dazi decisi dalla Casa Bianca stanno facendo aumentare l’inflazione. “La politica in territorio restrittivo, le prospettive di base e il cambio nella bilancia dei rischi potrebbero giustificare un adeguamento della nostra posizione”, ha spiegato Powell.
A Wall Street il “toro” si è scatenato: i listini hanno subito iniziato ad accelerare con il Dow Jones su dell’1,40% a 45.415,85 punti, il Nasdaq dell’1,30% a 21.385,523 punti e lo S&P 500 con un progresso dell’1,23% a 6.448,46 punti. Il mercato, insomma, ha ricevuto quello che voleva sentire. Anche i trader si attendono due tagli da qui alla fine dell’anno (il primo a metà settembre).
“Gli effetti dei dazi sui prezzi al consumo sono visibili”, ha evidenziato spiegando che le tariffe hanno iniziato a spingere al rialzo i prezzi in alcune categorie di prodotto. “Prevediamo che tali effetti si accumuleranno nei prossimi mesi, con elevata incertezza su tempi e importi. La questione fondamentale per la politica monetaria è se questi aumenti dei prezzi possano aumentare significativamente il rischio di un problema di inflazione persistente. Uno scenario di base ragionevole prevede che gli effetti saranno relativamente di breve durata: una variazione una tantum del livello dei prezzi. Naturalmente, una tantum non significa tutto in una volta”. Secondo il presidente della Fed, ci vorrà ancora tempo prima che gli aumenti tariffari si diffondano lungo le catene di approvvigionamento e le reti di distribuzione. Inoltre, le aliquote tariffarie continuano a evolversi, prolungando potenzialmente il processo di aggiustamento. E’ anche possibile, tuttavia, che la pressione al rialzo sui prezzi dovuta ai dazi possa innescare una dinamica inflazionistica più duratura, e questo è un rischio da valutare e gestire. Una possibilità è che i lavoratori, che vedono i loro redditi reali diminuire a causa dell’aumento dei prezzi, chiedano e ottengano salari più elevati dai datori di lavoro, innescando dinamiche sfavorevoli tra salari e prezzi.
“Dato che il mercato del lavoro non è particolarmente teso e si trova ad affrontare crescenti rischi al ribasso, tale esito non sembra probabile”, ha detto Powell. Di qui il riferimento implicito a un possibile abbassamento dei tassi: “Lo spostamento dell’equilibrio dei rischi potrebbe giustificare un aggiustamento delle politiche” monetarie.
Il discorso di Powell è stato l’ultimo, da capo della banca centrale americana. E forse il più sofferto, considerando l’assedio di Washington e il “foglio di via” arrivato da Donald Trump che vuole mandarlo a casa prima della scadenza del suo mandato nel maggio del 2026 con un pressing teso al taglio dei tassi. E proprio mentre Powell terminava l’intervento, Trump ha annunciato che licenzierà la governatrice della Fed Lisa Cook se non si dimetterà. Con un tempismo di certo non casuale.
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