Giorgio Armani non ha lasciato nulla al caso nel suo testamento per la gestione creativa e finanziaria della maison che ha fondato nel 1975. Alla sua morte nel 2019, Karl Lagerfeld non aveva invece nominato eredi diretti: parte della sua fortuna, stimata in oltre 200 milioni di dollari, è stata destinata a Choupette, la sua gatta birmana. Il gruppo Chanel ha continuato a fiorire sotto la guida della sua erede spirituale, Virginie Viard, che ha saputo mantenere l’essenza del marchio creato dalla mitica Coco affidato nel 1983 alle sapienti mani di Lagerfeld. Perché prendere le redini di un marchio storico significa più che disegnare abiti o far quadrare i conti: si tratta di catturare lo spirito del visionario che lo ha fondato.
Ma come sono andati gli affari delle grandi case di moda dopo la scomparsa dei fondatori? Partiamo da Versace. Lo scorso 10 aprile la Medusa è stata comprata da Prada per 1,25 miliardi ed è stata così riportata in Italia dopo che l’americana Capri Holdings nel 2018 aveva rilevato il marchio dalla famiglia e dal fondo Blackstone per 1,85 miliardi. Quando il 15 luglio del 1997 Gianni Versace fu assassinato davanti alla sua casa a Miami Beach, lasciò tutta la sua quota dell’azienda (il 50%) alla nipote Allegra, allora undicenne; il 30% era del fratello Santo, che ne gestiva le finanze, e il 20% di Donatella, che fu scelta anche come direttrice creativa, che ha mantenuto fino allo scorso marzo. All’inizio le collezioni non convincevano, Versace subì un periodo di crisi e contrazione e accumulò debiti. Nel 2004 venne chiamato al timone un tecnico, l’ad Giancarlo Di Risio, che veniva da Fendi. Di Risio (scomparso nel 2019) sospese le costose sfilate di haute couture, tagliò molte spese, fece vendere alcuni possedimenti di famiglia, limitò gli esosi costumi regalati alle celebrità e riuscì a riportare l’azienda in equilibrio. Poi nel 2018 Versace viene acquistata da Capri Holdings ma negli anni successivi non è riuscita a replicare il successo sperato. Quando Gianni Versace venne ucciso, la maison fatturava 853 miliardi di lire. Nell’ultimo trimestre del 2024 i ricavi sono scesi del 15% a 193 milioni di dollari (circa 163,4 milioni di euro), con un rosso di 17 milioni di dollari (14,6 milioni di euro).
C’è chi l’eredità è riuscita a portarla avanti con successo. Come Lavinia Biagiotti che ha preso le redini dell’azienda creata dalla madre Laura scomparsa nel 2017 mantenendo stabile il fatturato. E ci sono poi marchi storici che hanno perso l’anima dopo la scomparsa del fondatore. Come Moschino e come Krizia. La maison creata da Mariuccia Mandelli ispirandosi al titolo di un Dialogo di Platone sulla vanità femminile. La stilista scompare il 6 dicembre del 2015 a quasi 91 anni colpita nella notte da malore improvviso. L’anno prima, aveva deciso di vendere perché non aveva costruito una successione stilistica – i due figli del marito Aldo, hanno lavorato per il marchio per brevi periodi, ma poi hanno preso strade diverse – e perché l’azienda aveva perso negli anni anche parte della sua forza economica. Ad acquistare era stata la magnate della moda, stilista anche lei, Zhu Chong Yun, rimasta stregata dagli infiniti materiali dell’archivio di via Manin a Milano. Da allora, nonostante gli annunci legati a un rilancio internazionale a partire da Milano, le tracce si sono perse.
E poi c’è Valentino Garavani. Ancora vivo e vegeto, lo stilista (classe 1932) ha lasciato la direzione creativa nel 2008. Ma in realtà, già dal 1998, non era più il proprietario della sua maison avendo ceduto alla Hdp di Maurizio Romiti per 540 miliardi di lire dell’epoca. Quattro anni dopo, è il Gruppo Marzotto, gigante del tessile, a diventare proprietario della maison, per 240 milioni di euro. Tre anni dopo, però, ne cede la maggioranza al fondo di private equity Permira, che paga 5,3 miliardi di euro. Nel luglio 2012 l’annuncio dell’ennesimo cambio al vertice: nuovo proprietario di Valentino è il fondo sovrano del Qatar, Mayhoola for Investments. Poi, l’ultimo passaggio: l’entrata nel capitale societario con una quota del 30% del colosso Kering, già proprietario di marchi come Gucci e Saint Laurent, per un controvalore di 1,7 miliardi. La maggioranza è rimasta per il momento a Mayhoola for Investments, il fondo sovrano del Qatar che lo aveva rilevato nel 2012 per 700 milioni di euro. Anche se entro il 2028, Kering potrà salire fino al 100%. Nel 2008 Valentino aveva realizzato un fatturato consolidato di oltre 2,2 miliardi, nel 2024 i ricavi si sono fortemente assottigliati finendo a quota 1,31 miliardi.
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