L’Italia è in prima fila nel piano per la ricostruzione di Gaza dopo la firma della tregua voluta da Donald Trump. Si parla già dell’invio di carabinieri per garantire la sicurezza: 250 uomini sarebbero pronti ad addestrare la polizia palestinese.
Ma il ruolo dell’Italia potrebbe essere strategico anche dal punto di vista economico grazie ai giganti del settore delle costruzioni. D’altra parte, la Banca Mondiale stima in ben 80 miliardi di dollari i costi della ricostruzione. Ed è già partito un primo bando da 170 milioni di dollari per i servizi sanitari più urgenti. La parte del Leone la faranno le grandi società americane e la Lega Araba spinge per assicurarsi una larga fetta degli appalti, ma si aprono interessanti opportunità anche per le imprese italiane. D’altra parte, la Commissione Europea ha annunciato la firma di una linea di credito da 400 milioni di euro per sostenere la ripresa economica in Palestina.
Ecco perché subito dopo l’annuncio della pace Cementir, Buzzi e Webuild hanno iniziato il rally. In particolare, secondo Banca Akros, Cementir “potrebbe beneficiare della fine dei conflitti in Ucraina, Siria e nella Striscia di Gaza” grazie alla forte presenza in Turchia che la colloca nella posizione ideale per servire i cantieri dell’area. Buzzi martedì ha superato i 50 euro (rispetto a un anno fa, il titolo è salito di circa il 35%)
Le aziende americane ed europee
A livello europeo, le aziende in pole per la ricostruzione sono Saint-Gobain, Vicat, Holcim, Heidelberg Materials, Vinci e Bouygues. Negli Usa, si vedono già i benefici sui listini per Bechtel, Aecom, Fluor (per progetti infrastrutturali come reti idriche e sanitarie) e Caterpillar, fornitore globale di macchinari pesanti.
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