I riflettori dei mercati globali sono puntati sul simposio annuale delle banche centrali a Jackson Hole, dove oggi, alle ore 16 italiane, il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, prenderà la parola. Un discorso molto atteso, che potrebbe delineare il futuro prossimo della politica monetaria statunitense e scuotere i mercati finanziari, ormai ipersensibili a ogni sfumatura di linguaggio.
Gli analisti scommettono su un possibile taglio dei tassi già nella prossima riunione della Fed, prevista per il 17 settembre. Ma a complicare il quadro ci pensano i verbali pubblicati nei giorni scorsi da cui emergono ancora forti preoccupazioni sull’inflazione, che potrebbero frenare qualsiasi mossa espansiva. Prima della riunione, tuttavia, arriveranno due dati chiave: il rapporto sul mercato del lavoro e l’inflazione. Ed è proprio nel mezzo di questa incertezza che Powell dovrà muoversi con cautela e con maestria. Basterà un aggettivo più morbido o una sfumatura più severa per scatenare reazioni a catena.
Il discorso più ascoltato del momento
Secondo le attese di mercato, Powell potrebbe mantenere un tono neutrale, lasciando volutamente aperta la porta a un taglio dei tassi, ma senza confermare alcuna data. Tuttavia, potrebbe esserci una novità sostanziale: una revisione della struttura introdotta nel 2020, che prevedeva una “inflazione media flessibile” attorno al 2%. Un ritorno a un approccio più classico, meno tollerante verso la fiammata dei prezzi, sarebbe un segnale forte. “La Fed potrebbe riaffermare il proprio impegno verso il target del 2% e sottolineare l’importanza di mantenere ancorate le aspettative di inflazione”, osserva Blerina Uruci, chief Us economist di T. Rowe Price.
Quello che possiamo già intuire è sicuramente che Jackson Hole non ci dirà con certezza cosa farà la Fed, ma ci dirà quanto sono nervosi i mercati.
Mercati in bilico
La reazione dei mercati dipenderà tutta dal tono scelto da Powell. Se sarà “hawkish” — cioè più aggressivo contro l’inflazione — ci si può aspettare un rafforzamento del dollaro, un rialzo dei rendimenti obbligazionari a lungo termine e una correzione delle borse, in particolare dei titoli growth e delle small cap. “Se invece adotterà un tono ‘dovish’, più accomodante e attento al mercato del lavoro, potremmo assistere a un rally di breve periodo su azioni e bond”, spiega Alessio Garzone, portfolio manager di Gamma Capital Markets. “Ma attenzione: un eventuale taglio dei tassi potrebbe non arrivare perché l’inflazione è sotto controllo, bensì perché l’economia — e l’occupazione — stanno rallentando. In quel caso, la reazione positiva dei mercati sarebbe solo temporanea.”
Settembre decisivo, ma il verdetto è rimandato
Ad oggi, i mercati prezzano un taglio dei tassi di 25 punti base a settembre e un totale di 50 punti base entro fine anno. Tuttavia, gli scenari sono ancora aperti: un’accelerazione dell’inflazione o una ripresa vigorosa del mercato del lavoro potrebbero spingere la Fed a rimanere ferma. Al contrario, una frenata nelle assunzioni (sotto le 50.000 unità mensili) e un aumento del tasso di disoccupazione potrebbero giustificare una svolta più accomodante. Tutto, quindi, ruota attorno al report sul lavoro atteso per il 5 settembre. Fino ad allora, Powell potrebbe scegliere di “giocare con le aspettative”. E i mercati faranno lo stesso, ma con i nervi scoperti.
Fed indipendente? Una tensione che riemerge
Sul fronte politico, intanto, si riaffaccia il delicato tema dell’indipendenza della Fed. Negli ultimi giorni, Lisa Cook — membro del Board della banca centrale — è stata accusata di frode ipotecaria da Bill Pulte, a capo della Federal Housing Finance Agency. Un’accusa pesante che, se dovesse portare a dimissioni, potrebbe cambiare gli equilibri interni al board, oggi composto da sette membri. Considerando la recente nomina di Stephen Miran e la presenza di due falchi (Bowman e Waller), si profilerebbe una maggioranza più vicina alle posizioni pro-Trump e a favore di un rapido taglio dei tassi.
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