La tregua Usa-Cina sui dazi a seguito della due giorni di colloqui a Ginevra si è rilevata una sorpresa decisamente ben accolta dai mercati e che sicuramente va ben oltre le attese precedenti al vertice in territorio elvetico. Donald Trump aveva sì acceso i riflettori già alla vigilia del vertice, ossia venerdì, indicando un livello ‘equo’ dei dazi con la Cina in area 80%. L’esito va ben oltre quanto indicato dal presidente Usa e anche oltre i rumor d’oltreoceano che ponevano l’asticella per i dazi tra il 50 e il 60%.
Dalla due giorni di negoziati è invece uscito un accordo che prevede una tregua di 90 giorni e dazi ridotti del 115%. Questo significa che i dazi del 145% degli Usa sui prodotti cinesi scenderanno al 30%, mentre la Cina ha accettato di abbassare dal 125% al 10% i dazi sui prodotti statunitensi. Il segretario al Tesoro Scott Bessent, che ha condotto le trattative, in un’intervista alla Cnbc, ha preannunciato possibili nuovi round di trattative con Pechino nelle prossime settimane.
Volano le Borse, bene il dollaro
La de-escalation della guerra commerciale ha subito fatto scattare gli acquisti sulle Borse mondiali. Non solo Wall Street (+4% il Nasdaq in avvio) e Borsa cinese, ma anche l’Europa ha esultato con nuovi massimi storici per il Dax di Francoforte e il Ftse Mib di Piazza Affari spintosi sopra i 40mila punti, livello che non vedeva dal 2007.
Tra i singoli titoli riflettori su quelli maggiormente esposti al rischio dazi Usa-Cina. A Wall Street focus quindi su Apple (+5,5%) grazie anche all’indiscrezione del Wall Street Journal che vede il colosso della tecnologia valutare la possibilità di aumentare i prezzi del suo modello di punta, l’iPhone, senza dare la colpa ai dazi.
In volata anche Amazon (+8%) con le catene di fornitura del gigante dell’e-commerce fortemente legate alla Cina, così come Nvidia (+4%).
In evidenza anche le cinesi Alibaba (+5,5%), JD.com (+6%) and Baidu (+4%).
Chi perde è l’oro
Reazione positiva alle tregua dei dazi anche da parte del dollaro, che guadagna oltre l’1% rispetto alle altre principali valute. Il cross euro/dollaro si è così sgonfiato in area 1,11, sui minimi a oltre un mese. Tra le valute che invece pagano dazio ci sono lo yen giapponese e il franco svizzero, valute difensive che quindi invertendo i guadagni registrati in seguito all’annuncio dei dazi reciproci (2 aprile).
Tra i bond vendite sui Treasury con il decennale Usa che segna un rialzo dei rendimenti in area 4,46%.
Il risk-on sui mercati si fa sentire anche sull’altro asset rifugio per eccellenza, l’oro, che cede oggi oltre il 3% in area 3.230 dollari l’oncia. Il lingotto era stato quest’anno tra gli asset più gettonati per trovare riparo dal rischio dazi segnando un rally da inizio 2025 di circa il 30% che lo ha spinto ad aggiornare ripetutamente i massimi storici.
Svolta sì, ma guerra commerciale non è finita
Quanto emerso dai negoziati di Ginevra viene accolto dagli esperti come il “best case scenario”. “Questo è chiaramente solo l’inizio di negoziati più ampi e completi, e ci aspettiamo che entrambi i dazi diminuiscano sensibilmente nei prossimi mesi, con l’avanzare dei negoziati. L’ipotesi di base per il fine settimana era una de-escalation dei dazi tra Stati Uniti e Cina e l’accordo per ulteriori colloqui… invece Bessent e la Cina sono usciti da questi colloqui con massicci tagli ai dazi reciproci, un’enorme vittoria per il mercato e i rialzisti”, rimarca Dan Ives, analista di Wedbush, che prevede nuovi massimi per il mercato e i titoli tecnologici.
La svolta di Ginevra segna un passo importante verso la fine della guerra commerciale. Un po’0 presto per dirlo. Molto dipenderà da come andranno avanti i negoziati. “Il passo fatto da Stati Uniti e Cina è stato molto importante e porterà grande sollievo sui mercati finanziari. Crediamo che si possa realizzare così uno degli scenari migliori per le piazze azionarie ovvero quello che i dazi elevati di Trump erano solo un mezzo per portare al tavolo delle trattative paesi che, secondo il Presidente, applicavano pratiche commerciali sleali nei confronti degli Stati Uniti”, rimarca Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia.
Chi ci guadagna di più tra Usa e Cina dalla tregua di Ginevra?
Questa sorta di ‘cessate il fuoco’ di 90 giorni nella guerra commerciale riportano i dazi ai livelli precedenti al “Giorno della Liberazione” e rappresentano un’attenuazione più marcata del previsto. “Sebbene l’attenuazione della guerra commerciale vada a vantaggio di entrambe le economie, l’accordo, che riduce significativamente le tariffe senza alcuna concessione, sarà probabilmente visto come una vittoria per la Cina. In precedenza, Pechino aveva chiesto una riduzione delle tariffe al livello che avevano prima dei negoziati, che ora sembra essere stata raggiunto”, rimarcano gli analisti di Ing.
La risposta della Cina dopo l’escalation di aprile ha dimostrato che è pronta a una prova di resistenza prolungata, se necessario. Secondo gli esperti di Ing i dati commerciali di aprile della Cina potrebbero aver rafforzato la posizione di Pechino in vista dei negoziati in Svizzera. I numeri hanno infatti mostrato che, nonostante l’aumento dei dazi al 145% e quello che per molti era di fatto un embargo e forte disaccoppiamento, le esportazioni verso gli Stati Uniti ad aprile sono scese di appena il 21% su base annua. Il che implica che gli importatori statunitensi stavano pagando dazi significativi. Esito coerente con l’evidenza empirica secondo cui molte esportazioni cinesi non hanno necessariamente un prodotto sostitutivo ovvio o facilmente reperibile.
La de-escalation tariffaria migliora le prospettive economiche per la Cina con la riduzione dei dazi sulla Cina al 30% sufficiente a consentire un ritorno alla quasi normalità degli scambi commerciali. “A questo livello, riteniamo che esportatori, importatori e consumatori assorbiranno l’impatto dei dazi e che le attività commerciali in generale probabilmente riprenderanno”, conclude Ing che vede migliorare sensibilmente le prospettive di crescita cinese per il secondo e il terzo trimestre con una brusca ripresa delle esportazioni cinesi verso gli Usa già a maggio e giugno.
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