Nel 2024 circa un milione e mezzo di italiani ha scelto per la prima volta di investire in fondi comuni. È quanto emerge dall’ultimo Osservatorio di Assogestioni, che fotografa un mercato in espansione: oggi i sottoscrittori sono 11,6 milioni, in aumento rispetto agli 11,1 milioni dell’anno precedente. Il valore totale investito dalle famiglie ha raggiunto quota 608 mld euro.
“Dal nostro censimento emerge che nel 2024 circa un milione e mezzo di italiani ha investito per la prima volta in fondi comuni, entrando di diritto nell’universo dei sottoscrittori e facendo aumentare il dato complessivo di circa 500.000 unità. Un numero che, se rapportato all’intera popolazione del Paese, porta il tasso di partecipazione al 19,7% e che conferma che un italiano su cinque sceglie di affidare parte dei propri risparmi a questo strumento”, ha affermato Alessandro Rota, Direttore Ufficio Studi di Assogestioni.
Il valore medio investito è salito a 52.000 euro, in crescita rispetto all’anno precedente grazie a nuovi flussi di capitale e all’andamento positivo dei mercati. Ma il dato sull’investimento mediano – compreso tra 15.000 e 21.000 euro – evidenzia una forte concentrazione della ricchezza. Il 25% degli investitori più facoltosi controlla infatti circa il 75% del patrimonio investito, in linea con le stime di Banca d’Italia secondo cui il 30% delle famiglie più abbienti detiene l’80% della ricchezza finanziaria complessiva.
Cresce il numero dei giovani investitori
L’età media degli investitori si attesta a 61 anni: i Boomers rappresentano il 41% dei sottoscrittori e detengono il 48% delle masse. Ma cresce la presenza delle generazioni più giovani: Millennials e Gen Z costituiscono oggi il 15% dei sottoscrittori e controllano il 6% del patrimonio gestito. Tra i nuovi investitori del 2024, il 23% appartiene a queste fasce d’età. In media, i giovani della Gen Z investono 14.000 euro (in crescita rispetto ai 13.000 dell’anno precedente), mentre i Millennials arrivano a 24.000 euro (erano 21.000). Il confronto con gli Stati Uniti, però, resta impietoso: secondo i dati dell’Investment Company Institute, negli USA il 35% della Gen Z e il 49% dei Millennials investe in fondi comuni. In Italia ci si ferma al 7% e al 13%.
“Il fatto che Boomers e generazioni più anziane detengano ancora circa il 70% dello stock complessivo rende fondamentali, per le società di gestione e per l’intero settore, tematiche come la longevità e il passaggio generazionale della ricchezza”, ha osservato Riccardo Morassut, Senior Research Analyst dell’Ufficio Studi.
Dal punto di vista del genere, si riduce il divario: oggi le donne costituiscono il 47% dei sottoscrittori, rispetto al 34% del 1996. Le somme investite restano però inferiori: 50.000 euro in media, contro i 55.000 degli uomini.
A livello territoriale, il Nord guida con il 64% dei sottoscrittori e il 68% della ricchezza investita. L’Emilia-Romagna registra il tasso di partecipazione più alto (30,2%), seguita da Lombardia (28,1%) e Piemonte (27,4%). Il valore medio investito è massimo in Lombardia (58.918 euro), Liguria (58.675) e Piemonte (57.579). Al Centro si scende a 49.000 euro, al Sud e nelle Isole a 43.000.
“Il potenziale di sviluppo per il risparmio gestito nelle regioni meridionali è confermato anche dai dati IBF di Banca d’Italia, secondo i quali al Nord la liquidità non supera il 45% delle attività finanziarie delle famiglie e i fondi rappresentano la principale forma di investimento, mentre al Sud e nelle Isole la liquidità costituisce circa il 70% del portafoglio”, ha aggiunto Rota.
In Italia, la maggior parte dei fondi comuni viene ancora venduta tramite le banche: il 95% degli investitori sceglie questo canale. Per i fondi esteri, invece, stanno diventando sempre più importanti i consulenti finanziari, che gestiscono quasi la metà degli investimenti (49% per i fondi cross-border).
Quanto alle modalità di investimento, la formula più diffusa resta quella del versamento in un’unica soluzione (PIC), scelta dal 62% degli investitori. Ma cresce anche il ricorso ai piani di accumulo (PAC), cioè investimenti regolari e diluiti nel tempo: uno su cinque li usa, e tra i giovani sotto i 40 anni più della metà preferisce questa opzione. Segno che le nuove generazioni tendono a pianificare con più gradualità, anche partendo da somme contenute.
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