Rame, alluminio, piombo, platino e anche argento. I metalli industriali sono componenti chiave in settori che vanno dall’edilizia all’elettronica. Difficile farne a meno nel mondo di oggi. Eppure nell’ultimo periodo anche queste materie prime sono state colpite dal clima incerto e volatile che si è abbattuto sui mercati. L’S&P GSCI Industrial Metals Index, ovvero l’indice mondiale sui metalli industriali, ha perso oltre il 6% negli ultimi 12 mesi, rispetto al rialzo dell’8% registrato dal principale indice americano S&P 500. Non aiutano le tensioni commerciali, con l’incognita dazi che incombe anche su questo comparto, e i timori sulla crescita economica globale che potrebbe comprimere la domanda di questi componenti da parte delle industrie.
Secondo gli esperti, però, questi metalli hanno un potenziale ancora inespresso che li rende ‘preziosi’. Basta guardare oltre. «Nonostante le pressioni di breve termine, le prospettive di medio e lungo termine sono positive», riassume in una frase Saverio Berlinzani, capo analista di ActivTrades. In altre parole, al di là della performance attuale, influenzata da dinamiche del momento, i metalli industriali possono rappresentare una classe di asset interessante per gli investitori orientati al lungo periodo. «Tra questi credo che l’argento sia il metallo più sottovalutato e abbia potenzialità notevoli da esprimere nel prossimo futuro – suggerisce Giancarlo Dall’Aglio, advisor e fondatore di CommoditiesTrading – soprattutto per il suo utilizzo industriale», con il 50% della domanda che riguarda la componentistica elettronica, i pannelli solari e le batterie, ma anche i dispositivi medici.
Le forze sottostanti
L’importanza dei metalli industriali nel mercato e nell’economia globali è determinata da una combinazione di tendenze, progressi tecnologici ed evoluzioni dell’offerta. Una su tutte la transizione verde. «L’elettrificazione aumenterà la domanda di rame a livello mondiale di 2 punti percentuali fino al 2030», prevedono da Goldman Sachs. Oltre all’espansione delle infrastrutture elettriche, anche la diffusione dell’auto a batteria sosterrà i prezzi di questi metalli, considerando che i veicoli elettrici richiedono una quantità di rame fino a quattro volte superiore rispetto a quelli a combustibili fossili. Anche l’industria dell’idrogeno, ancora embrionale, potrà far esplodere le quotazioni di questi componenti, a cominciare da quelle del platino. Senza contare, citano gli esperti, l’aumento della spesa per la difesa e la rivoluzione tecnologica, guidata dall’intelligenza artificiale. Una domanda sostenuta e destinata ad aumentare nel prossimo futuro fa però i conti con una offerta che già oggi non è così lineare. L’estrazione di questi metalli in America Latina (Cile e Perù sono tra i maggiori produttori al mondo) affronta frequenti interruzioni legate a conflitti sindacali, normative ambientali più stringenti e bassi investimenti nelle miniere. Uno squilibrio che sarà sempre più evidente nel tempo.
Il dottor rame
Il metallo industriale per eccellenza, essendo uno dei più scambiati al mondo, è il rame. Calcolando che la sua domanda è strettamente legata ai progetti infrastrutturali e alla produzione industriale, funge spesso da barometro dell’attività economica globale, tanto da essere soprannominato “Dr. Copper” (Dottor Rame, tradotto) per la sua capacità di segnalare appunto la salute economica. Che a oggi non sembra un granché. Proprio di recente l’agenzia statunitense Standard & Poor’s ha messo mano alle previsioni macro globali, limando le sue stime di crescita del Pil per la maggior parte dei paesi, tra cui Usa e Cina. Ovvero prima e seconda potenza economica al mondo.
Tuttavia, viene riposta una certa fiducia nelle misure già messo in campo da Pechino per la ripresa dell’attività e il rilancio della domanda interna e che insieme dovrebbero favorire una crescita intorno al 5%. «La ripresa della domanda e dell’import cinese potrebbero influenzare in senso rialzista l’andamento del prezzo del rame già nella seconda parte del 2025», prevede Berlinzani. Della stessa opinione Goldman Sachs che stima un ritorno delle quotazioni del metallo rosso a 10.600 dollari a tonnellata entro fine 2026, in prossimità del record storico toccato a 10.700 dollari nel 2021, nel pieno del rimbalzo post-Covid. In tutto questo, naturalmente non bisogna dimenticare l’incognita derivante dalla guerra commerciale. «L’evoluzione delle politiche commerciali e la risposta della Cina saranno decisive nella traiettoria del metallo», sottolinea Berlinzani.
Se Trump dovesse reintrodurre i dazi sui metalli industriali, il commercio globale del rame e degli altri maggiori metalli potrebbe subire un drastico cambiamento. Nel panorama generale bisogna poi tenere conto delle tensioni geopolitiche e del calo del biglietto verde: «C’è un elemento importante da valutare, soprattutto in questo momento – ricorda Dall’Aglio – . Il dollaro si sta indebolendo e probabilmente continuerà a farlo. Essendoci un rapporto inverso sui prezzi dei metalli, possiamo aspettarci un’ulteriore spinta verso l’alto delle quotazioni».
Gli strumenti
Dalle azioni di società legate al settore quotate sui listini internazionali, ai contratti basati sui prezzi delle materie prime (detti futures) ai fondi comuni con portafogli specifici, fino ai fondi negoziati in Borsa (Etf su indici di commodity ed Etc su singoli metalli), sono molteplici i modi per investire in questo particolare settore, ognuno con le proprie caratteristiche. Tra questi, «l’Etf iShares Silver Trust è il più famoso e interessante per prendere posizione sull’argento», illustra Dall’Aglio. Secondo l’esperto, per quanto riguarda il rame, invece, meglio optare per le azioni delle società minerarie, tra i principali estrattori al mondo, in particolare le americane Southern Copper Corp e Freeport McMoRan, quotate a Wall Street
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