Il trasporto via mare nel 2024 ha fatto registrare una crescita del 2,1% con 12,6 miliardi di tonnellate trasportate. Ma i timori di dazi applicati a un’ampia gamma di beni potrebbero costringere gli importatori a riorganizzare le loro catene di approvvigionamento. Il dodicesimo rapporto annuale sull’Italian Maritime Economy elaborato da Srm, il centro studi che fa capo al gruppo Intesa Sanpaolo, mostra la fotografia di un quadro geopolitico sempre più complesso e di come questo impatterà sul traffico via mare. Si prevede che il calo degli scambi commerciali tra Stati Uniti e Cina innescherà una significativa deviazione del trade. Le esportazioni di merci cinesi sono aumentate ad aprile 2025 sul 2024 dal 4% al 16% in tutte le regioni al di fuori del Nord America e in particolare verso sud est asiatico e l’India. Il trend del cambiamento è confermato anche dalla crescita delle rotte regionali container, che tra il 2021 e il 2026 crescono del 7,3%, contro una media mondiale del 6,1%. Le rotte intra-Asia si intensificano (8,5%). E i noli, dopo aver registrato a maggio una riduzione del 39% annuo, nell’ultimo mese sono in ripresa a seguito della sospensione dei dazi per 90 giorni.
I colossi del settore – Gemini Cooperation (Maersk – Hapag-Lloyd), Premier Alliance (Hmm – One– Yang Ming), Ocean Alliance (Cma Cgm, Cosco Shipping, Evergreen e Oocl) e Msc – si sono adattati alle mutate esigenze in parte regionalizzando alcuni percorsi, in parte rafforzandosi su alcune rotte. Le alleanze hanno ripreso le rotte pacifiche e reso strutturali i passaggi per Buona Speranza confermando la loro elasticità al mercato.
I dazi impatteranno su circa 500 milioni di tonnellate all’anno di merci via mare, pari al 4% del totale mondiale. Nonostante i fenomeni di regionalizzazione, quello che accade in Nord America si riverbera sull’economia mondiale. Del resto, parliamo della terza area del mondo per volume di traffico container dopo Asia ed Europa e rimarrà tale anche nei prossimi anni. Ci sono poi altre misure protezionistiche che influenzano l’economia marittima.
Lo scorso 17 aprile, l’United States Trade Representative ha introdotto misure (attive dal 14 ottobre) per rilanciare la cantieristica e ridurre il dominio cinese nel settore. Sono previste tasse sugli scali nei porti statunitensi delle navi di proprietà, gestite o costruite in Cina. Sono inoltre previste misure specifiche per le metaniere e Car Carrier. Il 9% degli scali negli Stati Uniti da parte di navi che effettuano traffici internazionali sarà soggetto alla nuova misura. Sempre a causa dei dazi e delle misure protezionistiche, per il settore container in Nord America per quest’anno si stima una crescita del 4,8% (dal 7,9% iniziale), superiore a quella dell’Europa e dell’Asia e più del doppio di quella mondiale, pari al 2,3 per cento.
Intanto, i 25 principali porti del Mediterraneo continuano a crescere. Al 2024, hanno movimentato 62 milioni di Teu (+ 5,1%). Le tensioni geopolitiche hanno però ridisegnato la geografia dei traffici. I benefici riguardano soprattutto i porti del West Med più vicini allo Stretto di Gibilterra come Tanger Med con la sua free-zone specializzata in automotive. Il porto ha raggiunto il primato nel Mediterraneo con 10,2 milioni di container movimentati. La flessione dei traffici attraverso Suez prosegue anche nel 2025. Da gennaio a maggio si rileva una riduzione del 18% (in volume) rispetto al 2024 e del 70% sul 2023, particolarmente accentuato nel segmento container e car carrier (rispettivamente -88% e -91%). In riduzione anche i passaggi di nave ( -55% sul 2023).
E l’Italia? Il nostro Paese conferma la sua strategica rilevanza nel commercio internazionale e la leadership nel traffico a corto raggio in area Mediterranea. Nel dettaglio del commercio via mare, gli Stati Uniti rappresentano il nostro primo partner, come mercato di sbocco dell’export via mare con 37,4 miliardi – il 24% dell’export via mare complessivo – e il secondo mercato di importazione, dopo la Cina, con 10,6 miliardi. È il primo Paese in Europa per volume di merci movimentate, pari a 302 milioni di tonnellate, con una quota di mercato pari al 16%. I porti italiani in totale hanno movimentato 481 milioni di tonnellate (+0,7%).
Ospitano sempre più spesso anche impianti di produzione di energia sostenibile come eolici, solari, a biomassa e basati sui rifiuti. Da qui al 2050, il giro d’affari per l’eolico offshore in Italia è stimato in 294 miliardi. Non solo. Lo sviluppo dell’intermodalità e delle connessioni mare-ferro su cui il Paese sta investendo soprattutto nel potenziare l’ultimo miglio sarà l’elemento principale per garantire la fluidità dei traffici.
L’analisi del traffico ferroviario di ultimo miglio nei 20 porti italiani connessi alla rete ferroviaria nazionale mostra la maggiore rilevanza degli scali di Trieste, Ravenna, La Spezia e Genova Voltri. «Intesa Sanpaolo è l’unica banca italiana ad avere un centro studi specializzato nell’economia marittima. Ne siamo orgogliosi, così come siamo orgogliosi della decisione di sostenere la Zes Unica per il Mezzogiorno e le Zone Logistiche Semplificate per il centro nord, per le quali il nostro gruppo ha messo a disposizione un plafond di 10 miliardi destinato a finanziare gli investimenti per lo sviluppo del sistema industria-porti-logistica», commenta il presidente di Intesa, Gian Maria Gros Pietro. «Abbiamo – aggiunge – un desk specializzato sul settore navale nell’ambito della Divisione Banca dei Territori e la Divisione IMI CIB ha linee di credito accordate al settore marittimo per oltre 6,7 miliardi a livello nazionale».
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